Pilò (Gruppo Babele): «Queste persone sono da mesi alloggiate in attesa di audizione, senza la possibilità di lavorare e senza alcuna prospettiva»
Dal giugno dello scorso anno sono presenti sul territorio italiano circa 30.000 persone sfuggite alla guerra in Libia. Di queste, circa tremila sono presenti sul territorio pugliese in seguito alla distribuzione concordata con i vari decreti dell’OPCM per l’emergenza Nord Africa, e poco più di 400 sono ospitati sul territorio tarantino in varie strutture alberghiere.
Queste persone sono tutte richiedenti protezione internazionale, cioè hanno presentato istanza per essere ascoltati dalla competente Commissione Territoriale per ottenere il riconoscimento e il conseguente permesso di soggiorno di rifugiato, sussidiario o, in ultima possibilità, umanitario.
La procedura consiste nell’audizione del richiedente da parte della Commissione che, in questo particolare momento, sta negando qualsiasi tipo di protezione al 90% dei richiedenti, pur essendo questi in fuga da un paese in guerra e dove venivano e tuttora vengono uccisi per il solo fatto di avere la pelle nera. La legge riconosce a queste persone la possibilità di impugnare il diniego dinanzi al Tribunale ordinario, facendo ricorso al gratuito patrocinio. Competenza di riconoscere la possibilità di accesso a questo diritto è dell’Ordine degli avvocati (nel nostro caso di Bari), che aveva assicurato pochi mesi orsono, la piena disponibilità ad accogliere le richieste affinchè non si verificasse ciò che era già accaduto durante l’emergenza sbarchi del 2009/10, ovvero lo svilupparsi di fenomeni di prostituzione e accattonaggio per poter pagare gli avvocati. Contrariamente agli impegni presi, l’Ordine di Bari sta respingendo il 100% delle richieste avanzate e, per rincarare la dose, il Tribunale rifiuta il deposito del ricorso se non viene pagata la somma di circa trecento euro.
Oltre a stigmatizzare la connotazione apertamente razzista che sta assumendo questa vicenda, dobbiamo lanciare l’allarme per una situazione che sta diventando sempre più difficile da gestire in termini di ordine pubblico, poiché queste persone sono da mesi alloggiate in attesa di audizione, senza la possibilità di lavorare e senza alcuna prospettiva. Unica soluzione potrebbe essere il riconoscimento del permesso umanitario per permettere a queste persone di rimanere sul nostro territorio legalmente. Si sta invece procedendo, coscientemente, in una operazione di clandestinizzazione di 30.000 persone che nelle prossime settimane troveremo alle entrate dei supermercati a chiedere l’elemosina o nelle campagne e nei cantieri edili a lavorare in nero e in condizioni di schiavitù. Tutto questo nella totale indifferenza della politica nazionale e, soprattutto, degli amministratori locali, i quali saranno per primi chiamati a rispondere della situazione che si sta venendo a costituire.
Per Associazione Babele
Enzo Pilò