La pietra calcarea si presenta con forme modellate senza alcun intervento umano, erosa dal vento e dalla salsedine…
Il paesaggio pugliese è dominato, oltre che dagli alberi di ulivo e dai rinomati vitigni, sopratutto dalla roccia calcarea che ha dato origine non solo a tutte le costruzioni che si possono ammirare vagando per la campagna, ma addirittura ad alcuni passatempi di coloro che erano i piccoli di una volta. Per fare un esempio basta ricordare il gioco delle cinque pietre (in dialetto salentino ‘vota manu’) con molteplici altre denominazioni a seconda delle zone. La pietra calcarea si presenta con forme modellate senza alcun intervento umano, erosa dal vento e dalla salsedine e usata in particolar modo per dar vita ai muretti edificati dai contadini che hanno conquistato e ripulito un palmo di terra, area che in seguito ha accolto ortaggi, leguminose, viti e ulivi, capperi, mandorli e altri vegetali che resistono alla scarsa umidità del terreno. Le pietre sono state inoltre usate per delimitare proprietà terriere o percorsi di campagna, per separare appezzamenti, stabilizzare scarpate e sostenere terrazzamenti. E dove non è intervenuto l’uomo, ci ha pensato la natura che, nel grande mare di terra e di pietre disseminate ovunque, ha fatto spuntare spontaneamente mirto, cisto, orchidee, fillirea, lentisco, corbezzolo, cedracca, timo e tanto altro. E dalla pietraia ha avuto origine, nella notte dei tempi, l’Architettura Rurale. Fatta di costruzioni realizzate in sede locale da popolazioni che lavoravano senza servirsi di professionisti, ma facendo ricorso esclusivamente a quanto appreso per tradizione orale e tecnica, deriva da un’arte contadina consolidata che non presenta segni rilevanti di sviluppo nel tempo, resa in ogni caso sicura grazie all’esperienza e all’uso dei materiali del luogo senza che fossero usati collanti aggiuntivi. L’esito di tanta storia è rappresentato da masserie, muretti a secco, terrazzamenti, costruzioni a forma di capanna e a cono che hanno assunto nomi diversi. Sappiamo con certezza che l’architettura a secco del territorio pugliese è certamente più tarda di quella della Grecia o dell’Egitto. Siamo al corrente inoltre del fatto che tutto ciò che è stato realizzato con pietre a secco nei paesi del Mediterraneo ha avuto origini differenziate per quanto riguarda il tempo e gli usi. Non si esclude infatti che le costruzioni a cono richiamino strutture funerarie presenti in Grecia e nell’isola di Pantelleria. Ma il filo che lega le capanne che davano riparo ai contadini della Mesopotamia già nel III millennio a. C. ai nostri ‘truddi’, vecchi ricoveri a forma di cono o pseudo tali del nostro territorio e denominati in maniere diverse nei vari luoghi pugliesi, è sempre il medesimo, cioè “un filo di pietra calcarea da sovrapporre per edificare”, proprio come avevano appreso i nostri progenitori dai loro genitori e che i figli dei figli hanno tramandato ai posteri, e quindi anche a noi di oggi e a quelli che verranno. E per la salvaguardia del grande patrimonio storico derivante dalla pietra pugliese, nel luglio del 2000 Nico Blasi, direttore dell’associazione di Martina Franca ‘Umanesimo della pietra’, in un’intervista rilasciata al Quotidiano di Lecce, disse che ‘ Con la pietra si può fare di tutto. Importante sarebbe conservare il tempo per amare e rispettare l’opera dei nostri antenati’. Sull’appello del Blasi molti studiosi pugliesi e non, innamorati del nostro paesaggio, stanno oggi lavorando per ridare dignità a tutto ciò che la nostra campagna custodisce ma viene purtroppo deturpato da una discutibile manìa di rinnovamento.
Testo e immagini di Antonietta Trono.
L’immagine dei truddi di Campomarino è di Pietro Scarciglia.
Bibliografia
Barletta Rossella, Architettura contadina del Salento (2010), Capone editore.
Quotidiano di Lecce del 14 luglio 2000.