giovedì 21 novembre 2024


15/09/2024 18:19:09 - Provincia di Taranto - Cultura

Una descrizione di questa chiesa si trova in documenti del Seicento, che confermano la dedica al Santo Evangelista, indicando, a destra dell’entrata, il fonte battesimale, poi l’altare dedicato a S. Marco, poi la cappella con il quadro della Madonna del Rosario

Posta di fronte al castello, sul lato orientale dello stesso, questa chiesetta presenta pianta rettangolare, con pareti rinforzate esternamente da tre contrafforti laterali. La facciata, volta ad ovest, si arricchisce di un portale con eleganti colonne finemente lavorate e di un architrave caratterizzato dalla data, in numeri romani, MDCV (1605); sul lato nord si apre un ingresso laterale, servito da gradinata, recante, in alto, la data 1603; sul lato meridionale si osserva il basso ambiente, destinato a sacrestia, sporgente in senso trasversale, con finestrella strombata, oggi murata, mentre sul parapetto dell’angolo di SE si colloca un campanile a vela, costituito da due monofore di dimensioni diverse (sormontate da elemento triangolare e pinnacoli), con tre campane di bronzo.

L’interno presenta un’unica navata rettangolare (m. 24x8, circa), alta ed a volta interna piana; sullo sfondo, il presbiterio, separato da ampia arcata, coperto da volta a cupola, con, a destra dell’altare maggiore (per chi guarda), l’accesso alla sacrestia e, sulla parete di sinistra, un’alta finestrella. Altre quattro finestre in alto (due per lato), con strombatura interna ed esterna, inquadrate tra finte lesene dipinte sulla parete, illuminano la navata, unitamente al rosone circolare posto sul portone d’ingresso.

In una nicchia profonda, ricavata a sinistra del portone d’accesso, si pone l’acquasantiera/ fonte battesimale, con vasca di pietra dura su alta colonna cilindrica in marmo. Sulla parete di sinistra si osserva una larga nicchia con affresco centrale alquanto deteriorato, in cui si scorge una grande immagine della Madonna seduta in trono, incoronata da due angeli, con, in braccio, il Bambino (appena percettibile), raffigurato di spalle e, alla base, ai lati di un ampio panneggio azzurro, un assembramento di figurine, alcune alate, in atto di adorazione: probabili  immagini di angeli e (forse) di anime purganti, documentate in varie iconografie mariane (vedi P. PESARE, Il “percorso mariano” in Sava, in A.M. DE LOS REYES, a cura di, La via di Maria. Fede - Arte e Storia. Percorsi mariani della Diocesi di Oria, Manduria 2008, p. 455); sulle pareti laterali, interne ed esterne a tale nicchia, si osservano figure molto sbiadite di nobildonna, vescovo e santi, tra cui, sulla parete di sinistra (per chi guarda), la probabile immagine di S. Marco, con barba e libro in una mano. Alla base di tale nicchia si notano, adagiate sul pavimento, due campane in bronzo, di cui la maggiore, lesionata, reca la scritta: Raffaele e Giuseppe Olita da Lecce e la data 1876. Antica famiglia di fonditori, gli Olita, documentata anche nella vicina Maruggio, ove, nella vela della chiesa della Madonna delle Grazie, adiacente l’ex Convento dei Frati dell’Osservanza, attuale Municipio, è segnalata una campana grande  fusa da Francesco Olita di Lecce nel 1707, rifusa poi nel 1913, perché lesionata; altre campane dello stesso fonditore sono segnalate nel Convento  S. Maria degli Angeli dei Padri Osservanti di Seclì (Lecce) e nella chiesa dell’Immacolata di Francavilla Fontana (vedi P. PESARE,  I frati dell’osservanza in Santa Maria della Grazia di Maruggio, Manduria 2009, p. 190).

Tornando alla chiesa di S. Marco, sempre sulla parete di sinistra si osservano, in sequenza, due nicchie con statue in cartapesta di San Cosimo e San Damiano, la porta dell’accesso secondario ed un grande affresco (tra questa porta e l’ ampia arcata di separazione del presbiterio dalla navata) recante l’ immagine della Madonna tra le nuvole, con Bambino in grembo, e, alla base, due figure discretamente conservate, una di nobildonna, l’altra di probabile canonico, con abbigliamento costituito da abito nero ed ampie bende bianche nel colletto, piuttosto diffuso tra il XVII e XVIII secolo (vedi L. Boyle, Il sacerdote ben vestito, sito Internet (Google) del 13.1.2014; vedi abito e colletti simili, definiti di foggia settecentesca, in un affresco da Ceglie Messapica, abbazia di S. Anna, edito in G. SCATIGNA MINGHETTI, Il “percorso mariano” a Ceglie Messapica, in A.M. DE LOS REYES, a cura di,  La via di Maria … cit. pp. 77-79).

Statue recenti in cartapesta ed affreschi antichi caratterizzano anche la parete opposta. Qui, infatti, a destra dell’ingresso, si apre un’ampia nicchia, attualmente occupata dalla statua di S. Antonio. La parete di fondo rivela resti di affreschi poco comprensibili, altri, molto deteriorati, si pongono sulle pareti esterne, laterali, con un vescovo effigiato sulla parete di destra (per chi guarda) ed un Francescano su quella di sinistra. Segue una nicchia con statue della natività, poi una profonda cappella, con statua del Cristo (Sacro cuore di Gesù) posta,  in alto, al di sopra di un altare  alla cui base si osserva uno spazio interno protetto da grata contenente l’urna con le spoglie di Padre Raffaele Manca, morto in odore di santità nel 1741  “al cui sarcofago in legno veniva applicato nel 1902 un frontespizio fisso in vetro, decorato con motivi floreali” (vedi G. IZZINOSA, Torricella per P. Raffaele Manca S. nel 250° anniversario della morte, in “lu Lampiune”, VI (1991) n. 3, pp. 377-385); M. PICHIERRI - P. FRANZOSO, Torricella da Borgata a Comune, Manduria, Barbieri, 1999, p. 145); a lato di questo altare si collocano le statue di S. Giuseppe e della Madonna con, ai piedi della Vergine, i simboli della falce lunare e del serpente, tipici dell’ Immacolata Concezione. Segue una piccola nicchia, posta in alto, occupata dalla statua di Gesù Cristo “Buon Pastore”.

Poi il presbiterio, con l’altare maggiore staccato dalla parete di fondo, nella quale si colloca, in un’apposita nicchia, a sua volta inclusa in un ampio arco, la sovrastante statua di S. Marco; in alto, nelle lunette angolari alla base della cupola, compare l’effige degli evangelisti; sulla parete di sinistra, interna al presbiterio, si conservano i resti di un affresco, non comprensibile.

Una descrizione di questa chiesa si trova in documenti del Seicento, che confermano la dedica al Santo Evangelista, indicando, a destra dell’entrata, il fonte battesimale, poi l’altare dedicato a S. Marco, poi la cappella con il quadro della Madonna del Rosario. Si segnala, inoltre, l’altare di Maria Immacolata e, a sinistra della navata centrale, la cappella della Madonna di Giustizia, affrescata sulla parete. Trattasi di una composizione interna oggi poco riconoscibile, modificatasi, ovviamente, nel corso dei secoli. Si ritrovano, comunque, in tali descrizioni seicentesche, alcuni elementi strutturali principali, quali il presbiterio, in fondo alla navata, separato da ampia arcata, con altare maggiore ed accesso alla sacrestia; si aggiunge il campanile “sul quale si sale con una scala di fabbrica”, con due campane (vedi M. SPINOSA, Ricognizione storico documentaria dei feudi della famiglia Muscettola principi di Leporano. Pulsano*, Leporano*, Monacizzo*, Torricella, Taranto, Scorpione, 2003, pp. 311, 391-394).

In epoca recente, un rapido cenno su questa chiesa si ritrova nell’opera di P. COCO La provincia del Jonio, Taranto 1924, p. 104, in cui si parla di una “piccola chiesa parrocchiale, in cui si conservano alcuni affreschi, che pare siano del secolo XII o XIII, da poco tempo rinvenuti sotto la patina di calce, di cui furono coperti nel secolo XVII”. Poco credibile la cronologia degli affreschi, logicamente precedenti l’imbiancatura a calce di cui, però, non viene fornita alcuna fonte di riferimento precisa.

Seguono interessanti notizie riportate in  una relazione tecnica risalente al 1934 (vedi M. PICHIERRI - P. FRANZOSO, vol. cit., pp. 142-147), stilata da un ingegnere dell’ufficio civile della Soprintendenza delle Antichità e delle Belle Arti di Bari, incaricato di eseguire un sopralluogo per urgenti restauri, tesi a scongiurare l’abbattimento della struttura, in più punti lesionata e cadente. Tale relazione definisce questa chiesa “cinquecentesca”, richiamando, nelle strutture murarie interne, l’impiego di pietre irregolari e malta (oggi non più visibili); tecnica costruttiva antichissima, ampiamente documentata sin dal XV e XVI secolo negli edifici antichi dell’area, ivi compreso l’antistante castello; tecnica altresì presente, in parte, nel paramento esterno della parete meridionale della nostra chiesetta (per il resto ricoperta da conci di tufi regolari), portata a nudo dai recenti interventi urbanistici che hanno  liberato tale lato dalla vecchia casa parrocchiale che vi si addossava (M. PICHIERRI- P. FRANZOSO, vol. cit., pp.  146-147). In questa stessa relazione si parla di una copertura a volta, in muratura, senza terrazze e si segnala la presenza, sotto il pavimento, di alcuni locali adibiti a sepoltura di cadaveri prima che fosse costruito il cimitero. “Infatti nel 1938 il parroco don Antonio Carissimo segnalava la necessità di rifare il pavimento che si presentava in più punti rialzato per la presenza di scheletri ed ossa, segno evidente di antiche sepolture sottostanti” (da M. PICHIERRI - P. FRANZOSO, vol. cit., p. 143).

In epoca successiva (anni 60 del Novecento) si segnala, ad opera del barone Vito Bardoscia, notabile del posto, il restauro dell’altare Maggiore in marmo e del battistero “che si trova a sinistra dell’ingresso ed è costituito da un catino in pietra di Trani poggiante su quattro colonnine” (lo stesso battistero odierno ma su unica colonna?); si aggiunge la notizia della presenza di un pulpito, sulla parete di destra “struttura indispensabile, in quei tempi, per panegirici ed omelie” oggi non più esistente. (vedi M. PICHIERRI-P. FRANZOSO, vol. cit., pp. 143-145); memorie locali ricordano anche una balaustra antistante il presbiterio, fatta costruire anch’essa dal barone Vito Bardoscia, poi scomparsa.

Tutto ciò evidenzia modifiche succedutesi nel corso del tempo, con vari spostamenti anche nella collocazione delle statue. Sull’ampia  arcata che separa il presbiterio dalla navata si osservano i resti di pitture oramai sbiadite (possibili stemmi ecclesiastici o nobiliari) recanti la data 1959. Interventi di restauro risalenti al 1987 avrebbero portato alla luce alcuni affreschi sulle pareti interne di destra e sinistra. Alquanto interessanti appaiono, infine, i risultati di recenti scavi operati all’interno della chiesa (anno 2000), che sotto il pavimento hanno evidenziato, oltre alla presenza di numerosi ossari e statuette di creta raffiguranti Cristi in croce (datati, presumibilmente, al XVI-XVII secolo) resti di “materiali che facevano parte dell’antica volta che copriva questa chiesa”; da alcuni saggi effettuati sotto intonaco alla muratura è stato altresì possibile  “dare una lettura di alcuni ambienti e/o elementi architettonici, tompagnati in lavori precedenti. Sono poi venuti alla luce altri scorci di affreschi e nuovi contorni affrescati” che si aggiungono agli affreschi evidenziati dal COCO e dai restauri del 1987 (da “Liberamente”, Quindicinale di Informazione, Attualità e Cultura, Manduria, 5 Novembre 2000 e 28 Gennaio 2001).

Affreschi che richiedono adeguato recupero, studio e precisa collocazione cronologica, a completamento dell’elegante sobrietà dell’edificio sacro restituitaci dagli interventi recenti, conclusi nell’anno 2023; interventi che hanno visto, tra l’altro, il restauro della cappella del Sacro Cuore di Gesù e la sostituzione delle campane precedenti, oggi a lato dell’ingresso, con cerimonia ufficiale e benedizione nel mese di marzo.

La riapertura della chiesa in detto 2023 (13 aprile) è stata celebrata con un incontro della Rete delle città marciane  (l’associazione delle municipalità italiane che hanno in comune il culto di San Marco), con la presenza, a Torricella, insieme alle Autorità ecclesiastiche, di sindaci e delegati di tali municipalità, a fissare solennemente la riconsegna, alla comunità, di un edificio sacro fortunatamente  preservato, nei secoli, dalla fede e dalla devozione popolare.

 

Paride Tarentini

 











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