Da Lecce parte la ribellione di un prete
«La pancia dei partiti s’ingrossa, mentre la gente muore di fame».
C’è tanta rabbia nelle parole di don Antonio Murrone, parroco della chiesa Madonna della Fiducia di Giorgilorio, frazione di Surbo, che conta poco più di 2mila anime. Le sue parole raccolgono il risentimento di una piccola comunità verso una questione, quella del finanziamento pubblico ai partiti politici, che richiede serietà e urgenza in un periodo di crisi nera come questo. Don Antonio ha scelto per questo di dar voce «ai tanti che protestano sottovoce» con una lettera aperta, intitolata «Il coraggio che manca in tempo di crisi».
«Non è moralmente possibile più stare zitti - ammonisce - noi del mondo dell’associazionismo, del volontariato, elemosiniamo aiuti per gli interventi, mentre i partiti italiani incassano il triplo delle spese sostenute e l’Europa boccia il sistema dei rimborsi. Eppure i partiti sono delle associazioni, e allora perché non vivono con i sistemi del volontariato?».
La sua è una provocazione seria, che invita a riflettere, soprattutto alla luce dell’ultimo terremoto che si è abbattuto su Bossi e la Lega.
«Una forma di finanziamento attraverso il meccanismo del 5 per mille - propone il parroco - consentirebbe di abolire i finanziamenti pubblici ai partiti, che potrebbero così essere utilizzati per altri servizi».
Quel che don Antonio suggerisce, in sostanza, è di adottare un modello all’americana, in cui i sostenitori contribuiscono direttamente alla vita dei partiti politici con le loro donazioni volontarie. Un’inversione di rotta, quindi, rispetto al sistema dei rimborsi fuori controllo - nelle regionali del 2010 le liste hanno ricevuto rimborsi pari al 1900% della spesa - e un modo per riallacciare un rapporto tra politica e cittadinanza che si può eufemisticamente definire logoro.
«Si chiedono grandi sacrifici alla gente, ai poveri, agli operai, ai lavoratori che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese - sottolinea ancora il prete-coraggio di Giorgilorio - per non parlare di chi perde il lavoro e dell’economia bloccata. Il malessere è grande, le povertà aumentano ma loro, i partiti, i soldi li vogliono tutti, ogni anno, pur avendo bilanci sempre in attivo. Io ogni anno, invece, devo andare alla ricerca del 5 per mille per poter mandare avanti le attività sociali e caritatevoli della mia parrocchia: e allora che facciano sacrifici anche loro. Si sono messi d’accordo sui controlli dei bilanci, dicono di aver fatto norme più severe, ma non è questo il problema. L’Europa scrive a Roma e boccia il sistema dei rimborsi - ribadisce - perché i partiti incassano il triplo delle spese sostenute, visto che in Italia l’erogazione dei fondi è legata al numero di voti ottenuti e non alle spese realmente sostenute. Un paradosso inaccettabile».