Il punto di vista di un esperto del postcolonialismo che vive in Sudafrica
L’aula magna dell’ex Caserma Rossarol, sede tarantina dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari ha ospitato il professor Pier Paolo Frassinelli, toscano d’origine e Sudafricano d’adozione da quando è docente di Studi Culturali alla Monash University di Johannesburg, che ha tenuto una lezione dal titolo ”L’Africa postcoloniale”.
Frassinelli ha accolto l’invito del suo compagno di studi universitari a Pisa, il professor Luigi Cazzato, docente di Letteratura Inglese della Facoltà di Scienze della Comunicazione di Taranto.
Con il fervore e l’entusiasmo di chi fa della ricerca sul postcolonialismo la sua professione, Frassinelli ha delineato in modo inequivocabile i contorni della “visione comune” che si ha del continente africano e, soprattutto, dei suoi abitanti. Essa è riassumibile in una parola: stereotipi.
È infatti stereotipata la concezione dell’Africa quale “cicatrice del mondo” da parte di chi ignora il fatto che l’intero pianeta è stato coinvolto dall’inarrestabile ed evidente processo di globalizzazione. Il docente ha dimostrato che la Repubblica Sudafricana, dettagliatamente descritta anche attraverso l’ausilio di immagini della “sua” Johannesburg, potrebbe essere l’esempio più tangibile di tale evoluzione. I quartieri popolari e le bidonville delle periferie, in contrasto con lussuosi centri commerciali e quartieri residenziali di lusso, sono comuni a molte metropoli del cosiddetto “mondo occidentale”.
Il professor Cazzato, oltre ad essere stato anfitrione dell’illustre ospite, ha arricchito la lezione portando l’attenzione degli studenti alla similitudine (ovviamente da considerare con le dovute proporzioni) che l’Africa postcoloniale ha con il nostro meridione, sia dal punto di vista degli stereotipi culturali sia di quello economico-sociale.
Le opinioni dei due docenti, condivise dagli studenti che hanno assistito alla lezione, sono dunque state convergenti su un aspetto-chiave: così come l’Africa non sempre è un mero simbolo di povertà e disagio (come la vorrebbe l’attuale “Eurocentrismo”) ma anche di positività e progresso, anche il Sud può e deve perseguire lo scopo di confutare gli stereotipi, magari prendendo spunto da questa giornata tarantina dalla quale trovare nuova energia per una (ri)crescita ed una (ri)valutazione del territorio.