C’è un sospettato per l’attentato di Brindisi. Le indagini sono a tappeto, ma la pista mafiosa perde importanza
C’è un sospetto. Il cerchio si stringe. Ieri sera la polizia ha perquisito l’abitazione di un uomo di 60 anni, ex ufficiale delle Forze armate ed esperto di elettronica, la cui famiglia vendeva bombole di gas. Altre rivendite sono state oggetto dell’attenzione degli investigatori. Ci sarebbe una telecamera che potrebbe aver ripreso qualche elemento molto utile negli attimi prima dell’esplosione per capire chi ha messo la bomba. È la prima pista da seguire per dare un volto al colpevole della strage di Brindisi.
Un boato. Fortissimo. Improvviso. Schegge di metallo e plastica come lame taglienti, sangue sull’asfalto. Fiamme. Melissa, Selena e Veronica con i loro zainetti erano appena scese insieme ad altre amiche dal pulmino che le porta ogni mattina da Mesagne a Brindisi: si trattenevano nei pressi dell’istituto tecnico professionale «Morvillo Falcone» a un centinaio di metri dal tribunale. Si apprestavano a entrare a scuola prima della campanella.
L’orologio segnava le 7,45 circa. Tre bombole, secondo le prime indiscrezioni, innescate da un timer, saltano in aria. Pochi interminabili attimi. Poi grida di paura e di dolore. La pioggia di detriti ha travolto tutto. Sei studentesse sono state investite dal fuoco. Con il passare delle ore si è potuto tracciare il bilancio della strage: una ragazza morta, Melissa Bassi, una in fin di vita, Veronica Capodieci, due con ustioni su oltre il 40% del corpo, due con lievi ferite.
«Aiutatemi… Melissa! Melissa!»: Selena è rimasta ustionata, ha il volto annerito dal fumo, era accanto a Melissa, la sua migliore amica, pochi istanti prima che fosse dilaniata da una bomba. La ricostruzione è di una loro compagna di classe, che ha assistito alla deflagrazione dal bar di fronte alla scuola. Selena chiedeva disperatamente notizie dell’amica del cuore. Le sequenze successive sembrano quelle di una città mediorientale oltraggiata dal terrorismo. Sull’asfalto sono rimaste sei ragazze ferite tra sangue, libri scolastici, diari e pezzi di un cassonetto polverizzato dall’ordigno. Questi istanti arrivano dalle immagini raccolte con i telefonini dei testimoni che hanno subito riversato i video sul web. Sul posto è giunta un’auto della polizia municipale e la prima ambulanza del 118. Delle otto ragazze ferite, due sono apparse immediatamente in condizioni drammatiche, Melissa Bassi e Veronica Capodieci, appena sedicenni, portate all’Ospedale «Perrino».
Dopo meno di due ore è arrivato il primo tragico verdetto: «Melissa non ce l’ha fatta». Sedicenne di Mesagne, figlia unica di papà Massimo, piastrellista, e di mamma Rita, casalinga. Sognava di diventare stilista, di lavorare nella moda. Aveva anche da pochi giorni un fidanzatino, Mario. Veronica ha delle profonde ferite. I medici l’hanno sottoposta a un delicato intervento chirurgico, per ricostruirle la parete addominale e una parte della gabbia toracica. Nel pomeriggio è stata trasferita nell’ospedale «Fazzi», nel reparto di rianimazione: le sue condizioni appaiono gravi ma stabili. I primi soccorsi a Veronica li ha portati sua sorella Vanessa. Due amiche delle ragazze hanno raccontato che Veronica piangeva a dirotto e invoca teneramente la madre: «Mamma dove sei? Aiutami, aiutami». Sul luogo dove è esplosa la bomba e al «Perrino» sono arrivati politici e alti dirigenti delle forze dell’ordine.