«E’ quanto mai urgente individuare soluzioni che consentano la piena eco-compatibilità dello stabilimento siderurgico, al fine di dare risposte adeguate ed efficaci ai tantissimi lavoratori impiegati e alle legittime attese dei cittadini che manifestano serie preoccupazioni per la salute»
«il più importante stabilimento italiano dell’ILVA (società per azioni che si occupa prevalentemente della produzione e della trasformazione dell' acciaio ) è situato a Taranto e costituisce, senza dubbio, uno dei maggiori complessi siderurgici d’ Europa ;
la recente inchiesta della procura tarantina, che ha ipotizzato - contro cinque fra ex vertici e funzionari del citato insediamento industriale - i reati di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, danneggiamento aggravato di beni pubblici, sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, potrebbe chiudersi, secondo notizie riportate dalla stampa, con l’imminente sequestro dell’intera area a caldo e la conseguente interruzione di tutte le attività produttive e, probabilmente, anche di quelle di altri stabilimenti in cui l’acciaio Ilva viene successivamente lavorato ;
tale situazione, purtroppo, oltre a confermare le forti preoccupazioni e le criticità già ampiamente rilevate in questi anni, circa la “sostenibilità” ambientale degli insediamenti produttivi presenti (basti ricordare che, secondo dati Eurispes, Taranto rientra tra le principali aree ad alto rischio ambientale, rappresentando un grande problema nazionale per le allarmanti emissioni di sostanze inquinanti attribuibili ai grandi stabilimenti industriali presenti: Ilva, Eni, Edison, Cementir ), mette in evidenza i gravi problemi connessi alla tutela dei livelli occupazionali sull’intero territorio;
alta è la preoccupazione sociale per la salubrità del contesto ambientale e, al tempo stesso, per le inevitabili conseguenze occupazionali che deriverebbero all'economia locale dalla chiusura degli stabilimenti industriali in questione: si calcola che l’eventuale chiusura dell’area a caldo lascerebbe senza lavoro circa cinquemila operai, senza considerare che la stessa potrebbe, di fatto, incidere sull’intero ciclo produttivo, coinvolgendo, quindi, tutti i dodicimila lavoratori dell’azienda e gli altri seimila dell’indotto (da Genova a Marghera, da Rocconigi a Novi Ligure);
il caso di Taranto è emblematico soprattutto in considerazione dell’alta e dannosa concentrazione territoriale di attività, impianti e infrastrutture di interesse nazionale a forte impatto ambientale , per cui è quanto mai urgente e necessario che tutti gli enti coinvolti, in forte sinergia tra di loro e nel rispetto della legislazione vigente e delle rispettive competenze, si attivino tempestivamente al fine di approntare le adeguate e opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte ad assicurare - eventualmente attraverso la stipula di specifici accordi tra pubblico e privato - adeguate ed efficaci misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e sociale e per rilanciare e favorire i necessari processi di sviluppo e di “risanamento” sociale, ambientale, imprenditoriale ed occupazionale dell’area in questione;
al fine di garantire un adeguato «equilibrio» territoriale, che tenga effettivamente conto delle esternalità negative che, nei territori interessati da insediamenti produttivi, si determinano a carico delle popolazioni ivi residenti, la normativa vigente prevede la possibilità, per le regioni e gli enti locali coinvolti, di ottenere “ compensazioni ” da parte delle imprese ivi operanti, nella forma di entrate finanziarie dirette o di partecipazione alla realizzazione di eventuali investimenti volti allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori ospitanti insediamenti produttivi;
la questione non può più considerarsi come un problema meramente locale, ma va opportunamente collocata tra le priorità nazionali; a tal proposito, infatti, è stato convocato dallo stesso premier Monti un tavolo tecnico per il 19 luglio 2012;
fermo restando la piena fiducia nell’operato della Magistratura, è auspicabile che si individui, a livello istituzionale, un percorso serio e concreto che consenta di scongiurare il blocco delle attività dell’azienda, garantendo, invece, la continuità del lavoro: allo stesso tempo, è quanto mai urgente individuare soluzioni che consentano la piena eco-compatibilità dello stabilimento siderurgico, al fine di dare risposte adeguate ed efficaci ai tantissimi lavoratori impiegati e alle legittime attese dei cittadini che manifestano serie preoccupazioni per la salute:-
se non ritengano doveroso, per quanto di competenza, fornire ulteriori elementi in merito alla vicenda espressa in premessa e soprattutto quali urgenti iniziative ritengano opportuno assumere al fine di garantire uno sblocco positivo della “vertenza Ilva” , con riferimento sia all’alto impatto ambientale che al paventato blocco delle attività aziendali, con conseguenti ripercussioni negative, in termini occupazionali, per l’intera area in questione».
On. Carmine Patarino