domenica 24 novembre 2024


30/05/2009 06:12:42 - Manduria - Politica

Già l’Arpa, intervenuta a seguito di un esposto, non aveva riscontrato anomalie

 
Il P.M. incaricato del Tribunale di Taranto ha disposto il dissequestro dei piazzali dell’azienda manduriana Quemme. Un caso, che ha fatto scalpore per la sua particolarità, che tende, quindi, a sgonfiarsi. Anche se continua a far discutere.
Può un’azienda, che rispetta tutte le norme, accollarsi, infatti, responsabilità che derivano da ritardi nella dotazione delle infrastrutture da parte degli enti pubblici?
A Manduria continuano a verificarsi situazioni simili. Inizialmente, durante la stagione estiva, ad essere vittime di questi ritardi (nel caso specifico la mancanza delle reti dell’acqua potabile e della fogna nera) furono una serie di strutture turistiche ricettive e alcuni esercizi pubblici di San Pietro in Bevagna. Problema sta per essere risolto dall’attuale Amministrazione: il progetto per dotare (almeno la litoranea) della rete idrica è stato già appaltato.
Nei giorni scorsi un nuovo provvedimento, emesso dagli organi competenti, ha colpito invece una delle aziende più importanti di Manduria: la Quemme srl. A seguito di un esposto, quest’azienda, che produce serramenti ed infissi, è stata dapprima visitata dall’Arpa. I due funzionari baresi dell’Arpa, organismo deputato al controllo di violazioni di tipo ambientale, hanno accertato che all’interno dell’azienda manduriana, peraltro certificata ISO 14000, non esiste alcuna forma di inquinamento derivante dal processo produttivo e che non vi è alcun sversamento di reflui industriali nel terreno o nella falda acquifera. Stesso discorso per i reflui civili.
Nel secondo controllo, invece, ecco il … colpo di scena.
«Dal controllo è emerso che i reflui del ciclo produttivo non interagivano con l’ambiente esterno perché era installato un impianto di depurazione a circuito chiuso» si legge nel verbale. «E’ stata altresì esibita l’autorizzazione allo scarico dei reflui civili».
Tutto nella norma, quindi, però…
«I sottoscritti deducevano, dalla conformazione degli scarichi e delle aree esterne, che le acque piovane, che interessano tutte le aree esterne, stimate visivamente in circa 10.000 mq, vanno inevitabilmente ad interconnettersi con elementi inquinanti (carburante, olio e sostanze pericolose utilizzate per il processo produttivo, dovuti al passaggio e parcheggio continuo di automezzi e alle operazioni di carico e scarico delle merci e delle materia prime), perdendo così l’originaria configurazione di acque meteoriche e divenendo quindi delle acque reflue industriali».
Per questa ragione, l’azienda ha subito, per qualche giorno, il sequestro dei soli piazzali: in buona sostanza.
Pur in presenza di una pratica, in corso di istruttoria tecnica presso la competente commissione della Provincia, per ottenere l’autorizzazione allo scarico di acque meteoriche, la società manduriana è stata sanzionata perché è stato “dedotto” che eventuali gocce di olio o di carburante degli automezzi che transitano, potrebbero trasformare in acque reflue industriali quelle meteoriche.
E’ chiaro che gli enti preposti al controllo devono applicare le norme di legge, a volte rigide, ma perché devono essere sempre i privati a pagare, in prima persona, i ritardi degli enti pubblici?










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