Manduria resta nella provincia di Taranto e Brindisi: chissà chi ha espresso il parere per conto dei manduriani…
C’era un’enclave, anzi una sorta di «striscia di Gaza» che, in Puglia, rischiava di far saltare il riordino delle Province prospettato dal governo nazionale. E, dunque, è stato lungo e faticoso il lavoro coordinato, ieri, dall’assessore agli Enti locali Marida Dentamaro per trovare la quadra con i gruppi consiliari sulla nuova geografia delle Province in Puglia. Solo in serata il consiglio ha votato a favore non di una norma, ma della relazione che lo stesso assessore ha fornito e corretto da inviare a Roma entro oggi, termine ultimo assegnato da Palazzo Chigi per le proposte delle Regioni.
Com’è noto, il governo ha individuato dei criteri in base ai quali sparisce la Provincia di Bari e viene istituita la città metropolitana; viene abrogata la provincia della Bat e viene annessa a quella di Foggia, unica a sopravvivere insieme a quella di Lecce; Brindisi e Taranto, invece, vengono fuse in un unico organismo di secondo livello. Trattative e negoziati condotti in queste settimane non hanno dissolto le proteste e i dubbi, dall’ira della Bat alle guerre incrociate tra Brindisi e Taranto per il riconoscimento del capoluogo, mentre Lecce si batteva per l’istituzione del «Grande Salento» in cui assorbire i due territori. Di qui la scelta della Regione di non assumere decisioni, limitandosi a coordinare il lavoro perché fosse il governo nazionale, autore della riforma, a dare il visto finale.
Il nodo che, ieri, si è presentato dinanzi al consiglio è la decisione di alcune città, assunta con delibere comunali o referendum, di aderire a provincia diversa da quella di appartenenza. In particolare, un’intera area del Brindisino, pur confinante con Taranto, aveva preferito l’annessione a Lecce, di fatto isolando Brindisi - in base al principio della contiguità territoriale - e impedendo la sua fusione con Taranto. Se per i comuni dell’area sud, confinanti con il Leccese, il dado era tratto, per Carovigno, S. Vito dei Normanni, S. Michele Salentino e Francavilla - tutte orientate al Leccese - si è posto il problema di come salvare anche l’area intermedia del Brindisino, in modo da annetterla al Tarantino. Ed è stato provvidenziale l’orientamento espresso dai comuni intermedi, Oria e Latiano, a far saltare il progetto che avrebbe comportato l’isolamento (l’enclave, appunto) di Brindisi. I due municipi, infatti, erano orientati all’idea del Grande Salento, tramontata in corso d’opera, e dunque - rimanendo nella Provincia di Brindisi - hanno fatto saltare la continguità territoriale dei confinanti filo-leccesi.
Sciolti i nodi, non si sono dissolte le polemiche, testimoniate dal voto contrario del finiano Euprepio Curto (Brindisi) e del democratico Ruggiero Mennea (Bat). Il Consiglio ha così approvato a maggioranza (con l’astensione del barlettano Giovanni Alfarano del Pdl) la relazione dell’assessore, che prende atto delle deliberazioni dei consigli comunali e delle dichiarazioni dei sindaci e chiede al Governo nazionale - chiarisce il presidente dell’assise Onofrio Introna - di attenersi alle volontà espresse degli enti locali pugliesi.
Chiuso il cerchio, della Città metropolitana di Bari non farà parte solo Molfetta (dichiaratasi contro) mentre vi entrerà il comune di Fasano, che ha deliberato l’adesione con referendum. Canosa, che si era espressa a favore, e Bitonto - che si era detta contraria - restano nel «limbo» del pronunciamento del governo in materia. La Provincia Brindisi-Taranto, invece, comprenderà i comuni già facenti parte delle due province soppresse fatta eccezione per Fasano e per quelli che hanno aderito alla provincia di Lecce (Cellino San Marco, Erchie, Mesagne, San Donaci, San Pancrazio Salentino, San Pietro Vernotico, Torchiarolo, Torre Santa Susanna, Avetrana). La Provincia di Lecce, oltre a quelli già compresi, acquiserà questi nuovi comuni, mentre per la Bat - non essendovi possibilità di istituire una nuova provincia come richiesto da 10 comuni contrari all’annessione a Foggia - la «patata bollente» viene rimessa nelle mani del governo.
La Dentamaro non nasconde il suo disappunto: alla Regione non sono piaciuti né i criteri né la tempistica imposti da Roma. Duro Alfarano: «Se l’obiettivo deve essere quello di revisionare la spesa pubblica dando poteri ai comuni, si cancellino tutte le Province. Diversamente, chiederemo al governo centrale di promuovere un provvedimento correttivo». Sferzante, il capogruppo Pd Antonio Decaro: «stiamo consegnando tutte le delibere al governo, ora ne tenga conto». «Il rischio è di dar vita ad un riordino disordinato» dice Massimo Cassano (Pdl). «La Regione doveva contrastare lo scellerato decreto Monti» ammette il Pd Filippo Caracciolo. Dobbiamo augurarci, incalza Erio Congedo (Pdl), «che sia evitato il commissariamento di tutte le Province». «Mentre il Consiglio discuteva delle sorti della Puglia - attacca il capogruppo Udc Salvatore Negro - il presidente Vendola è stato ancora una volta assente, impegnato nella sua campagna elettorale».