A livello nazionale, Bersani è al 43,6%, Renzi al 34,2%, Vendola al 14,2%
In Puglia più che altrove il terreno della contesa è atipico, scivoloso, stratificato. Perché le primarie di centrosinistra battagliate nel recinto pugliese sono e saranno un duello al cardiopalma. Lo suggerisce la storia recente (nel 2005 e nel 2010 hanno incoronato Nichi Vendola alfiere della coalizione), lo raccontano gli ingranaggi politici a orologeria: la Puglia è la regione per eccellenza del vendolismo di governo, la fucina dove il leader Sel ha addestrato le truppe e studiato il piano di guerra nazionale; ma la Puglia è anche terra di dalemiani, il fortino del Líder Massimo, per certi versi un baluardo geopolitico del riformismo post-comunista ed europeista. Fatte le premesse, il quesito è allora impellente: chi tra Vendola e Pierluigi Bersani (sponsorizzato dalla frangia dalemiana) s’aggiudicherà le primarie pugliesi al fulmicotone? Bella domanda. Proprio Massimo D’Alema, l’altro giorno a Bari, ha ammesso inarcando il sopracciglio: «Vendola è l’avversario da battere qui in Puglia».
Il sondaggio. Già. Fair play d’etichetta? Non proprio: sulle scrivanie della nomenclatura Pd circola un sondaggio, commissionato dal partito. Sondaggio che snocciola queste percentuali nel perimetro pugliese: Vendola al 42%, Bersani al 35%, Matteo Renzi al 20%. In sostanza, la Puglia ridurrebbe in coriandoli il trend nazionale, rivoluzionando l’ordine d’arrivo e gratificando tra le mura amiche il governatore: le ultime rilevazioni nazionali, al contrario, attestano Bersani al 43,6%, Renzi al 34,2%, Vendola al 14,2%. Probabilmente l’effetto benefico della rimonta vendoliana, innescato dalla sentenza d’assoluzione, o deve ancora prorompere, oppure avrà un’eco solo pugliese. Di certo il governatore non può mandare a vuoto il fendente delle primarie proprio qui in Puglia: lo smacco sarebbe bruciante, e avrebbe ripercussioni sulla stabilità della maggioranza regionale.
Le analisi. Tra le trincee Pd un successo vendoliano su scala pugliese sarebbe tutto sommato metabolizzato. «È nell’ordine delle cose», riflette un dirigente Pd. Naturalmente, sulla bilancia delle analisi peserà l’ampiezza della forchetta percentuale. E soprattutto, i bersaniani (in Puglia la quota maggioritaria del Pd, a partire dal segretario Sergio Blasi e dal figliol prodigo Michele Emiliano) temono il frizzante incalzare di Matteo Renzi: il rottamatore promette di rosicchiare consensi, per ora è al 20%. Non poco, ma se la percentuale renziana dovesse lievitare sino a raggiungere il trend nazionale, il Pd pugliese imploderebbe e finirebbe sul lettino dello psicanalista. Obiettivo dei bersaniani-dalemiani di Puglia è allora uno: frenare Renzi e schiacciarlo 5-6 punti percentuali al di sotto del risultato nazionale.
Le prospettive. Insomma: la Puglia - per dirla col gergo delle presidenziali americane - è una stimolante swinging region che potrebbe indirizzare il pendolo delle primarie nazionali di centrosinistra. Obiettivo comune è portare alle urne almeno 250mila elettori. Intanto sabato 17 arriva a Bari Pierluigi Bersani, preceduto nei giorni scorsi dal blitz in pompa magna di D’Alema. Nemmeno Renzi sta però a guardare: il ritardo accumulato in Puglia rabbuia il rottamatore che, pur avendo chiuso il tour delle 108 province italiane, potrebbe riaffacciarsi nel Tacco d’Italia per puntellare e irrobustire la mole di consensi. E Vendola? La campagna elettorale del governatore è più liquida, destrutturata, gemmata dal basso, dalle associazioni, dai comitati spontanei («Mi sento Davide contro Golia»), forte anche del ruolo di presidente. In Puglia Nichi non può fallire il colpo, è casa sua e l’Italia punta qui i riflettori. Lo sa bene, il governatore. Ma lo sa benissimo anche il Pd dei dalemiani, che in Puglia vorrebbe tanto tendergli l’imboscata.
Fonte: rete