A scrivere la lettera aperta al sindaco di Maruggio è un iscritto all’associazione dei partigiani
«A Maruggio vi è una via intitolata ad Italo Balbo, il più famoso e celebre squadrista del fascismo. Il permanere di tale intitolazione, forse anche per mera disattenzione, è un’offesa nei riguardi della nostra Repubblica, nata proprio dalla Resistenza a certi individui».
A scrivere una lettera aperta al sindaco di Maruggio, Alberto Chimienti, è un iscritto tarantino all’associazione che raggruppa i partigiani d’Italia, Angelo Farano.
«Italo Balbo è colui che, all’epoca in cui era segretario del fascio di Ferrara, guidò con tale efficacia le spedizioni squadristiche nella provincia da distruggere uno dei movimenti socialisti apparentemente più forti d’Italia» scrive Farano. «Oltre a questo grande risultato per il regime, il gerarca in questione riuscì a legare il suo nome anche all’uccisione ad Argenta di don Giovanni Minzoni, fervente cattolico, cappellano nel 1910 e arciprete di Argenta dal 1915, che si dedicò particolarmente all’organizzazione politica e sociale dei giovani cattolici dell’epoca. A questo punto, penso che sia più interessante apprendere quale caratura morale avesse quest’uomo, indicatoci come a volte semplicemente come “un simbolo di coraggio” dalle sue stesse parole. Diario 1922: “Prendo posto in un’automobile che apre una lunga colonna di camions e si parte. Siamo passati da Rimini, Sant’Arcangelo, Savignano, Cesena, Bertinoro, per tutti i centri e le ville tra la provincia di Forlì e la provincia di Ravenna, distruggendo e incendiando tutte le case rosse, sedi di organizzazioni socialiste e comuniste. E’ stata una notte terribile. Il nostro passaggio era segnato da alte colonne di fuoco e di fumo”».
Dopo la descrizione dell’operato di Balbo, ecco la richiesta rivolta a Chimienti.
«In virtù di questo, per me e credo per tanti altri aspiranti democratici e civili abitanti di questo triste Paese in abbandono quale è diventato l’Italia, il permanere di tale intitolazione, forse anche per mera disattenzione, è un’offesa nei riguardi della nostra Repubblica, nata proprio dalla Resistenza a certi individui i quali, nel realizzare quel progetto antidemocratico durato un ventennio, macchiarono l’onore dell’Italia, infangarono la sua onorabilità, con indescrivibili orrori e nefandezze» conclude Angelo Farano. «Spero, caro sindaco, voglia gentilmente accogliere questa mia pacata ma ferma riflessione e sollecitazione, e prendere in considerazione quanto prima l’idea di trovare una figura più onorevole, civile e rispettosa della dignità umana, al quale dedicare quella via».