venerdì 22 novembre 2024


12/02/2013 18:10:23 - Maruggio - Attualità

Ecco le osservazioni sulle istanze di permesso di ricerca per idrocarburi presentate dalla società Shell Italia E&P denominate convenzionalmente «d 73 F.R.-SH» e «d 74 F.R.-SH» ricadenti nello specchio marino del Golfo di Taranto

 
Lo scrivente Comitato Cittadino Antinucleare Maruggio, portatore di interessi diffusi, espone quanto segue, in qualità di osservazioni, alla procedura di valutazione degli impatti ambientali alla luce delle molteplici criticità rilevate. 
 
1.      Le possibilità di prospezioni della Shell per l’utilizzo di tecniche invasive nella ricerca di idrocarburi, nonché l’eventualità delle successive trivellazioni con piattaforme marine per la fase estrattiva, rappresentano seriamente una minaccia per l’equilibrio degli ecosistemi, marino e terrestre, del Golfo di Taranto, considerando le numerose specie protette sia di flora che di fauna.
In realtà sin da ora si dovrebbero valutare le influenze estremamente negative di piattaforme nello Ionio, dato che l’intero territorio prospiciente è già enormemente impattato superando qualsiasi soglia di compatibilità e sostenibilità ambientale.
Per questo motivo dovrebbe essere già bloccata e quindi non autorizzata a monte qualsiasi ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi nel Golfo di Taranto.
 
2.     Le politiche energetiche dell’Italia, da circa un decennio, apparentemente sono incentrate sulla diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, per rispettare gli obiettivi del protocollo di Kioto “20 - 20 – 20”. A giugno 2010 è stato presentato all’UE un ambizioso Piano di Azione Nazionale rispetto al 2020, nel quale viene indicato uno sviluppo consistente delle rinnovabili, fino a raggiungere 12.000 MW dall’eolico ed 8.000 MW dal fotovoltaico.   
- Questi risultati per la fonte fotovoltaica sono stati già ampiamente superati se si considera che già nel 2011 vi erano impianti per 12.773 MW ed  il 16.01.2013 il sito del GSE riportava una potenza installata di 16.999 MW riguardante quasi interamente le aree del Mezzogiorno, con la Puglia in testa. Tale diffusione è principalmente dovuta a mega impianti autorizzati ed installati puntualmente su terreni agricoli fertili, a riprova ancora una volta che in particolare il Sud dell’Italia sottende ad un’enorme produzione energetica a discapito del suo territorio.
- Focalizzando l'attenzione sulla forte crescita della produzione da eolico, nel periodo 2003-2008 si osserva che anche questa è tutta (98,2% del totale) concentrata nel Mezzogiorno.                                                                                                                                             
Nel 2009 in Italia la potenza complessiva sale a 4845 MW, con la Puglia che guida la classifica delle regioni balzando a 1158 MW seguita dalla Sicilia con 1116 MW.
Nel 2010 la potenza nazionale eolica arriva a 5.797 MW e nel 2011 tocca i 6.936 MW.
Tale elenco sta a dimostrare la schizofrenia nel governo del territorio da parte delle preposte istituzioni, che volutamente nulla hanno fatto per arginare la colonizzazione delle lobbies del mega eolico del territorio del Sud Italia. 
- Oltre ai danni causati soprattutto al Mezzogiorno d’Italia da uno sviluppo indiscriminato volutamente industriale delle fonti energetiche rinnovabili, vi è pure l’immancabile beffa, visto che non un solo KWh da  fonti fossili è stato sostituito da cotanta energia rinnovabile. Ma il massacro di quei territori fertili che hanno contribuito a dare tanti primati nel comparto agro-alimentare dell’intera Italia, quello sì, è certamente avvenuto. Ci si chiede, a questo punto, in realtà quali progetti si vogliono tutelare o nascondere con questa politica apparentemente senza logica? Così come, nonostante si potesse sfruttare questo notevole aumento di energia elettrica, come mai vi è stato un taglio così netto nei trasporti ferroviari riguardanti proprio le regioni in causa avvantaggiando il trasporto su gomma o aereo strettamente dipendenti dai carburanti fossili? Si poteva evitare sia una certa dipendenza dall’estero e sia la ricerca locale dei combustibili fossili, i quali non rappresentano di per sé un simbolo di ricchezza nazionale se sradicati da un contesto complessivo di modello di sviluppo sociale: la riprova di tutto questo è che proprio le popolazioni dei paesi ricchi di tali giacimenti sono le più povere sul pianeta.
Sarà per questa folle politica energetica che in Italia nel quadriennio 2009-2012, parallelamente all’aumento delle energie rinnovabili, si sono continuate ad autorizzare ulteriori centrali alimentate da fonti fossili, con l’avviamento di circa 10000 nuovi MW.                                   
Tra queste sono comprese le centrali pugliesi turbogas di Modugno da 750 MWe e di San Severo da 408 MWe ciclo combinato a gas e l’ampliamento della centrale EniPower di Taranto da 85 a 288 MWp (fonte Ministero dello Sviluppo Economico).
- Nonostante l’Italia abbia il più alto margine di sovrapotenza tra tutti i paesi europei, da cui si evince la discrepanza tra la reale richiesta energetica nazionale e l’enorme potenza installata, questo Paese continua a macinare progetti energetici e … dulcis in fundo oggi arrivano anche le prospezioni petrolifere nel Golfo di Taranto, per amplificare questa enorme contraddizione tipicamente italiana. Tra l’altro, lo stesso margine di sovrapotenza si è, attualmente, accresciuto (76% nel 2011) sia in valore assoluto che relativo, visto che da una parte è aumentata l’intera potenza installata (122301 MW nel 2011) dovuta soprattutto alle energie rinnovabili, dall’altra è diminuita la richiesta di energia a causa della crisi dei mercati internazionali. Per questi motivi l’Italia dovrebbe non solo sicuramente cessare ulteriori aumenti di potenza energetica, ma rivedere il proprio Piano Energetico Nazionale.
 
3.     Si evidenziano le reali difficoltà per evitare l’inquinamento dei già precari assetti ambientali dei litorali calabresi, lucani e pugliesi, in caso di incidenti anche di entità inferiori all’ultimo che ha interessato la piattaforma petrolifera della BP nel Golfo del Messico. La probabilità di avvenimento di tali incidenti non è affatto trascurabile, se si prendono in considerazione non solo gli errori umani ed i guasti tecnologici, ma anche quella derivante dalla particolare specificità della zona. Si parla di un territorio ad elevato rischio idrogeologico e sismico. Di un territorio che da una parte (versante calabro-lucano) è montuoso, ricco in fiumi, dighe, parchi nazionali estesi, enormi superfici ad uso agricolo, dall’altra (versante appulo-lucano) sottende oltre che ad una enorme produzione agricola anche ad una vastissima area  industriale. Lo Ionio o il Golfo di Taranto è un mare abbastanza delimitato, quasi chiuso su tre lati. Qualsiasi incidente petrolifero è evidente che si amplificherebbe in un contesto del genere. È facile intuire che la fauna marina, non avendo “l’intelligenza antropica” in termini di acque internazionali, rimarrebbe abbastanza confinata, con i pesci intrappolati quasi come in un lago. Lo stesso dicasi per le correnti marine che, anche queste non sposando il concetto di nazionale ed internazionale, tenderebbero a spiaggiare l’eventuale marea nera. In questo caso è immaginabile il risultato: disastri ambientali multipli, danni incalcolabili all’economia agricola e turistica,  possibilità di incidenti molto gravi per la stretta vicinanza dell’area industriale tarantina; si ricorda che solo per puro caso e non per collaudati super piani di emergenza, il 28 novembre 2012 il tornado abbattutosi su Taranto non ha causato una catastrofe di proporzioni immani, con l’esplosione e l’incendio dei depositi di carburanti dell’ENI e dei gasometri dell’ILVA. Si fa presente che nel Golfo di Taranto vi è anche la presenza di un deposito provvisorio di rifiuti radioattivi rappresentato dal centro Ricerche ENEA della Trisaia di Rotondella (MT); e solo grazie ad una forte e decisa risposta popolare lo stesso Golfo non si ritrova con un deposito definitivo di rifiuti radioattivi a Scanzano Ionico e una centrale nucleare nel Tarantino. Non da trascurare, come situazione aggravante, che la Puglia già si ritrova con piattaforme petrolifere nel versante Adriatico, e che vista la minima esiguità di larghezza del Salento (circa 60 km) tutto questo comprometterebbe ulteriormente una situazione territoriale tra Taranto e Brindisi già enormemente impattata per la presenza di grandi poli industriali, discariche ed inceneritori.  
 
4.     Letecnologie adottate nella prospezione geofisica offshore adottano tra l’altro rumori a bassa frequenza, anche al di sotto della percezione dell’orecchio umano pari a 20 Hz, ma percettibili per molte specie marine, con una bibliografia a livello mondiale che annovera, per esempio, continui casi di spiaggiamento di cetacei esposti a tali infrasuoni.
 
5.     Sul litorale jonico-tarantino in agro di Maruggio è ubicato il SIC IT91300013 delle Dune di Campomarino, contenente aree di straordinaria importanza naturalistica, con ambienti dunali ricoperti da densa vegetazione di macchia mediterranea. Si rimembra alle autorità in indirizzo, che è in atto l’iter per l’istituzione della Riserva naturale regionale orientata “Dune di Campomarino e Torrente Borraco” tra il territorio di Maruggio e Manduria. Tale Riserva dovrebbe comprendere tutta l’area del SIC IT91300013 ed estendersi nell’entroterra su una porzione di territorio ad elevata valenza paesaggistica per la presenza di aree boschive ed aree coperte da habitat e steppa. Questo a dimostrazione dell’assoluta incompatibilità tra l’attività di estrazione petrolifera in mare, che potenzialmente seguirà in caso di esito positivo della prima fase di prospezione, e la naturale vocazione agricola, di pesca e di turismo rurale dei territori costieri autoctoni.
 
6. Considerata la vorticosa presentazione di richieste di conferimento permessi di ricerca idrocarburi nel mar Ionio - Golfo di Taranto, a solo titolo esemplificativo ci si riferisce alle 4 di Northern Petroleum ltd, a quelle di ENI, ENEL Longanesi Development, Nautical Petroleum Transunion Petroleum Italia ecc., in aggiunta alle 2 di Shell Italia in argomentazione, è fondamentale valutare l’effetto cumulativo e le stesse interferenze dei vari progetti.
 
7.   L’Italia sta correndo in questo momento l’enorme rischio di riportare danni e conseguenze irreversibili, per quanto riguarda la sua estrema bio-diversificazione, nei suoi aspetti ambientali, storici, sociali e culturali. Ne consegue che la decisione finale su tali argomenti non dovrebbe essere imposta da quel colonialismo delle multinazionali favorite dal fantomatico “libero mercato energetico”, ma dovrebbe scaturire dalle “libere decisioni” dei cittadini calabresi, lucani e pugliesi, reali detentori dell’immenso patrimonio del Golfo di Taranto.
 
8.     In conclusione il quadro ambientale dell’area interessata dalla ricerca idrocarburi, alla luce delle analisi effettuate nelle presenti OSSERVAZIONI, è da ritenersi incompatibile con l’intervento proposto.
 
 
Il Comitato Cittadino Antinucleare Maruggio










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