La Procura di Bari insiste: «Il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola deve essere condannato»
Mentre la Procura di Bari impugna la sentenza di assoluzione di Nichi Vendola, un gip si astiene da un procedimento di cui è titolare uno dei pm allora allora co-intestatari del fascicolo sul Governatore. Un ricorso nel merito il primo. Una decisione, la seconda, strettamente legata a quanto è emerso nel corso del procedimento pre-disciplinare davanti al Csm, avviato a seguito di una «nota riservata» in cui due pm che rappresentavano allora l’accusa, Bretone e Digeronimo, facevano riferimento alla presunta amicizia-conoscenza tra il giudice che aveva assolto Vendola e la sorella del Governatore.
Procediamo con ordine. La Procura di Bari, dunque, insiste: il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola deve essere condannato. Il procuratore aggiunto Lino Giorgio Bruno ha impugnato davanti alla Corte d’Appello di Bari la sentenza di assoluzione emessa il 31 ottobre scorso dal gup del Tribunale Susanna De Felice nei confronti del Governatore e dell’ex direttore generale dell’Asl di Bari Lea Cosentino. Entrambi, assolti con formula piena «perché il fatto non sussiste», erano accusati di concorso in abuso d’ufficio in relazione alla riapertura dei termini di un concorso per primario nell’ospedale San Paolo. Qualche giorno dopo la sentenza di primo grado due pm allora co-titolari del fascicolo, Desirèe Digeronimo e Francesco Bretone avevano inviato ai superiori gerarchici e agli aggiunti, la «nota riservata».
I pm, a loro volta astenuti dal procedimento, spiegavano di avere sollevato la questione della presunta amicizia tra il giudice De Felice e Patrizia Vendola solo dopo l’assoluzione perchè solo in seguito avrebbero avuto contezza che il rapporto, a loro dire, fosse cosa nota a Bari. La missiva, finita sulla stampa, dopo avere scatenato inevitabili polemiche e l’apertura di un’inchiesta della Procura di Lecce sulla sua diffusione (poi archiviata), ha avuto anche uno strascico (ancora uno) davanti al Csm. A chiedere l’apertura di una pratica nei confronti del solo pm Digeronimo erano stati i consiglieri togati di Area (Magistratura Democratica e Movimenti). Palazzo dei Marescialli ha aperto la procedura per verificare se sussistono i presupposti per un trasferimento d’ufficio per incompatibilità.