«In questo Comune l’abuso è la norma. Ora, con il Piano Urbanistico Generale, sono state stabilite alcune regole che dovranno essere rispettate da tutti».
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Da un lato il territorio consumato, avvilito, depredato. Dall'altro, gli imprenditori del turismo balneare preoccupati di non poter aprire gli stabilimenti in tempo per l'estate. In mezzo, le indagini e i sequestri messi a segno negli ultimi mesi dalle autorità giudiziarie su lidi e resort cesarini. Il caso di Porto Cesareo arriverà, ancora una volta, sul tavolo della vicepresidente della Regione Puglia Angela Barbanente, assessore alla Qualità del Territorio.
Assessore, i titolari dei lidi lanciano l'allarme: è a rischio la stagione turistica. Cosa ne pensa? «I sequestri scattano per interventi edilizi che non avrebbero mai dovuto essere realizzati. Questa delle presunte occasioni di sviluppo perse è una storia già sentita. Ritengo che non tutte le opportunità siano da considerare vantaggiose. L'occasione di crescita economica data da una costruzione abusiva e da un simile sistema di fare impresa crea lavoro illusorio, cattivo, nero, precario, a breve termine. E inibisce e ostacola l'affermazione di forme di sviluppo durevoli legate al lavoro di qualità, buono e continuativo. Compiere un abuso è il modo migliore per sprecare suolo, territorio e opportunità di sviluppo durevole». Il sindaco Salvatore Albano ha detto che questo è «il momento della legalità» ma la politica non sempre ha seguito queste convinzioni. Lei cosa dice? «Condivido la posizione del sindaco Albano. Questo è certamente il momento della legalità e va vissuto fino in fondo, altrimenti Porto Cesareo continuerà a sottrarsi alle regole che valgono nel resto della Puglia e dell'Italia. In quel Comune l'abuso è la norma. Ora, con il Piano Urbanistico Generale, sono state stabilite alcune regole che dovranno essere rispettate da tutti». Altrimenti? «Altrimenti, come sta accadendo, interverrà la magistratura. Non è un caso che abbiamo approvato una legge regionale per prevenire e reprimere l'abusivismo edilizio redatta in collaborazione con le Procure della Repubblica. Con quella di Lecce abbiamo sottoscritto un protocollo ad hoc, in base al quale al tribunale lavorano alcuni nostri funzionari preposti proprio a seguire il tema degli abusi edilizi. Abbiamo voluto instaurare rapporti sistematici con i Comuni: devono sentire il fiato sul collo della Regione. E riferire periodicamente sullo stato dell'arte. A Bari, ogni anno, approveremo poi una relazione sull'andamento del fenomeno dell'abusivismo e assumeremo i provvedimenti conseguenti». Fra questi, è prevista anche la demolizione dei manufatti abusivi? Nessuno, qui in Salento, ha dimenticato le scene di guerriglia urbana per le prime demolizioni autorizzate proprio a Porto Cesareo, qualche anno fa. «Sì, è prevista anche la demolizione. Di più. Abbiamo messo a disposizione di questa misura un fondo ad hoc che si aggiunge a quello già disponibile presso la Cassa Depositi e Prestiti. E abbiamo voluto introdurre i cosiddetti “poteri sostitutivi”: se un Comune non provvede a demolire ciò che deve, provvederà la Regione». Porto Cesareo avrebbe potuto essere la Mirafiori del Salento, ma ha lasciato lo sviluppo all'iniziativa e, qualche volta, all'avidità dei singoli. Chi mette sul banco degli imputati? «Le rispondo con un’immagine dell'economista dello sviluppo Fred Hirsch: tutti vorremmo una casa nel bosco, ma se tutti riuscissimo ad averla, il bosco non esisterebbe più. Questa è la storia di Porto Cesareo. Non si può distruggere ciò che ha fatto di quel luogo un’attrazione. Abbiamo il dovere di intervenire perché il livello di pressione antropica su quel territorio ha superato i limiti della sostenibilità. E non c’è dubbio che questa sia colpa della miopia della classe politica, di chi avrebbe dovuto controllare e non lo ha fatto. Ma è anche responsabilità di quei professionisti che non rispettano la deontologia e fanno strame dell'etica. Un tecnico serio dovrebbe rifiutarsi di realizzare interventi abusivi». La stagione della “tolleranza zero” è appena iniziata, quindi. E poi, da dove si dovrà partire per governare lo sviluppo e riportarlo sui binari della sostenibilità? «Dobbiamo cercare di ri-naturalizzare alcune parti del territorio oggi cementificate. Il Comune di Porto Cesareo dovrà redigere il Piano Integrato di Recupero Territoriale. Ci sono tante cose da fare. Manca persino la rete fognante». Quanto costerà tornare indietro nel tempo, quanto “restituire territorio” a Porto Cesareo? «Ci vorranno moltissimi anni, una fatica immensa. E il costo non è stimabile: i nostri nipoti e le generazioni dopo di loro pagheranno il prezzo di ciò che non abbiamo saputo difendere e tutelare». |
Fonte: rete