L’intervento di Pierfranco Bruni
«Troppo discutere su Taranto “Capitale della Cultura”. Troppo! Ma senza una base progettuale reale. Non voglio alzare discussioni o polemiche. Utili o inutili. Ma quando si procede o si pensa di procedere verso un “sistema” istituzionale del genere non bisogna pensare alla Taranto di ieri soltanto. Ma alla Taranto di oggi (questo vale per qualsiasi città candidabile a Capitale della Cultura).
Io che ho fatto l’Assessore alla Cultura della Provincia di Taranto, in anni non lontani ma non troppo vicini, conosco gli “intrecci operativi” per la fattibilità di una tale proposta e Taranto aveva raggiunto, in quegli anni, i canali nazionali e internazionali: documenti e fatti, eventi e progettualità alla mano.
La città di ieri (quella che è nelle pagine delle storie) non viene messa in discussione. Mi riferisco alla città letta sia dal punto di vista archeologico che storico e architettonico. Ma siamo ad una interpretazione depositata nella memoria le cui testimonianze sono visibili.
È la Taranto culturale di oggi che manca. Sì, manca. Perché una città che non ha un progetto culturale con un Ente Provincia che non ha avuto, in questo quasi ultimo decennio, una proposta progettuale articolata e definita come modello da compararsi con altre realtà (vedi Lecce o Cosenza o Matera), resta tagliata fuori dai riferimenti nazionali.
Non basta avere un Museo Nazionale. Non basta avere una Università Bari – Taranto (certamente il nuovo rettore Antonio Uricchio ha le idee chiare nel creare un legame tra università e cultura, tra ricerca e territorio nel segno di una visibilità mediterranea: lunga vita a Uricchio). Non basta possedere i “codici” delle idee o le impennate baresi.
Taranto deve crearsi la sua cultura dell’oggi con una progettualità che era nata negli anni 1995 1999 e che è stata fatta abortire. Ci vogliono le azioni culturali. Ci vogliono i fatti culturali. Ci vuole l’immagine culturale. Tutto questo significa Progettualità sulle premesse di una “storia” breve connaturata su un sistema di “occasioni”.
Penso a Lecce. Lecce è realmente una Capitale di stile ed eleganza culturale, di modelli culturali, di eventi e avvenimenti. Sono stato di recente ad un Convegno internazionale sulla letteratura del Mediterraneo, durato tre giorni, e la città è stata un fiorire di iniziative e di dialettiche comparate su una eterogenea piattaforma argomentativa: dai beni culturali alla letteratura, dalle lingue alla politica culturale nel Mediterraneo.
Perché “storia” breve? Perché l’archeologia depositata nei miti della memoria la si deve far rivivere dentro il contemporaneo e la modernità delle culture (dalle arti alle tradizioni popolari) deve trovare, nel quotidiano, un quotidiano modello culturale. Modello che oggi Taranto non ha.
Si pensi, invece, a costruire le basi per una possibile ed eventuale candidatura per gli anni prossimi con una sostanziale progettualità in un legame a sistema concreto tra l’università (ripeto, oggi, con Uricchio ci sono tutte le possibilità), le Soprintendenze, il mondo dell’associazionismo.
Ma alla base deve esserci un Ente locale che deve realizzare un Progetto, autonomo e originale, con una sua unicità rivolta non alla localizzazione ma globalizzante, sulla base chiaramente delle identità territoriali, senza precipitare nel “provincialismo”, lungo in un storia breve. E gli eventi giocano una partita importante e straordinaria: quegli eventi che creano una connessione con i percorsi nazionali e internazionali.
Così, invece, si va incontro soltanto a cortocircuiti.
Io non sono per candidare, in questa particolare stagione del “senza”, Taranto come Capitale della Cultura. Oggi non ci sono neppure le premesse, neppure le logiche nel relazionare cultura e progettualità. Bisogna lavorarci, investendo in azioni culturali senza piogge e rimorsi, senza oblii e stanche discussioni».
Pierfranco Bruni