Jerry Bergonzi, Gegè Telesforo e Michael Rosen i grandi Special Guests
Piazzale Italia ha ospitato per il secondo anno consecutivo lo “Jonio Jazz Festival 2013”, fortemente voluto dal Comune di Maruggio e dall’associazione “Jonio Jazz Arte e Cultura”.
La prima serata, suddivisa in due set, è stata inaugurata dal “Jerry Bergonzi Quintet”, formato da: Jerry Bergonzi (Sax), Gianfranco Menzella (Sax), Francesco Palmitessa (Chitarra), Vito Di Modugno (Organo Hammond) e Alessandro Napolitano (Batteria). Questa band ha interpretato brani di Wayne Shorter e composizioni originali di Di Modugno, Menzella e Napolitano. Jerry Bergonzi, monumento del jazz internazionale, ha rapito il pubblico con il suo sound caldo, carnoso e vellutato, accompagnato da un linguaggio ed una pronuncia immediatamente riconoscibili ed inconfondibili. Gianfranco Menzella ha posto in rilievo un bagaglio tecnico non indifferente, unito ad un fraseggio sempre ben articolato. Francesco Palmitessa, con quel suo suono morbido, ovattato, unitamente ad un’istintiva musicalità, ha costruito dei soli molto gradevoli. Vito Di Modugno ha palesato la sua notevole conoscenza armonica, sia nei suoi infuocati soli zeppi di swing, sia nell’accompagnamento dal groove energico che ha messo al servizio dei solisti. Alessandro Napolitano ha sempre interagito perfettamente con gli altri elementi della formazione, soprattutto con Di Modugno, disegnando una ritmica imponente e sempre puntuale.
Nel secondo set, Gaetano Partipilo (Sax Contralto), Fulvio Palese (Sax Baritono) e Mike Lovito (Tromba), si sono aggiunti al quintetto di Jerry Bergonzi. Questo Jazz Combo ha eseguito standards di Horace Silver e Duke Ellington. Partipilo si è reso protagonista di alcune variazioni tematiche degne di nota, oltre che sfruttare l’estensione del suo Alto con grande abilità; Fulvio Palese ha messo in risalto un suono assai poderoso con il suo Baritono, associato ad un fraseggio molto agile, mentre Mike Lovito, sicuramente dotato dal punto di vista tecnico, è risultato essere particolarmente interessante quando ha esplorato il registro acuto. La seconda serata, sempre frazionata in due set, è partita con lo “Jonio Jazz Quartet”, composto da: Gaetano Partipilo (Sax), Ettore Carucci (Piano), Giuseppe Bassi (Contrabbasso) e Alessandro Napolitano (Batteria). Questo Line-Up ha eseguito standards di Dizzy Gillespie (A night in Tunisia), Nat Adderley (Work song) ed altre tunes ancora. Gaetano Partipilo, in questo contesto, si è espresso con un intenso lirismo ed un fraseggio a tratti essenziale, ma efficacissimo; Ettore Carucci ha offerto delle soluzioni armoniche di pregevole fattura, sostenute da un tasso tecnico considerevole; Giuseppe Bassi ha messo in luce un sound tipicamente black e possente, così come un walking, specialmente sui fast, veramente martellante. Alessandro Napolitano ha mostrato un drumming quasi nervoso su “A night in Tunisia”, e ha sfoggiato una sorprendente creatività, negli spart-four, su “Work song”.
Il secondo set ha accolto sul palco, lo spumeggiante cantante Gegè Telesforo, che da Special Guest si è unito allo “Jonio Jazz Quartet”. Con Gegè in scena, la band ha suonato sia composizioni originali dello stesso Telesforo, che classici standards. L’artista foggiano, con il suo scat coinvolgente, travolgente e super swingante, ha letteralmente affascinato il pubblico presente. Semplicemente geniale quando su “So cool” (sua composizione originale), ha “citato” Sex machine, hit del mitico James Brown, così come quando ha vestito i panni del beatboxer, simulando con la voce il sound di una batteria dal sapore funkeggiante.
Gaetano Partipilo, in quest’altro contesto, ha tirato fuori dal suo Alto un suono assai graffiante, coerentemente appropriato alla situazione, così come Carucci, che ha dato prova di un muscoloso pianismo percussivo e di un “bluesy mood” nei suoi impetuosi soli. Bassi ha sempre, magistralmente, disegnato una linea ritmica molto marcata e presente, oltre a costruire dei soli vibranti, mentre Napolitano ha conservato il suo massiccio groove e, per giunta, spostando freneticamente gli accenti, ha abilmente incitato Telesforo, Partipilo, Carucci e Bassi nelle loro improvvisazioni.
La terza ed ultima serata, divisa in due set come la prima e la seconda, ha ospitato il “Michael Rosen 4et”, formato da: Michael Rosen (Sax Soprano e Sax Tenore), Ettore Carucci (Piano), Giuseppe Bassi (Contrabbasso) e Alessandro Napolitano (Batteria). Il leader della formazione, Michael Rosen, straordinario sassofonista Jazz americano, ha coinvolto gli spettatori con il suo superbo virtuosismo, legato ad una sublime finezza della voce dei suoi sassofoni, Ettore Carucci, con il suo elegante stile pianistico, ha lasciato trasparire una vena romantica nel solo su “Everything i love” (Cole Porter). Giuseppe Bassi, irreprensibile ritmicamente, ha dato vita a dei soli di gran gusto, mentre Alessandro Napolitano ha “dialogato” fluentemente con tutti i solisti, particolarmente con Carucci.
Verso la conclusione del concerto, Rosen ha invitato sul palco dapprima Gianfranco Menzella (Sax Tenore) e successivamente Gegè Telesforo (Voce) per le ultime due tunes. Menzella ha dimostrato di avere un certo feeling con Michael Rosen specialmente negli scambi, e si è espresso su ottimi livelli anche quando ha suonato insieme a Rosen, Carucci, Bassi e Napolitano, una versione originale di Pent up house (Sonny Rollins) dal tema, suonato all’unisono con il sassofonista americano, variato a causa dello spostamento degli accenti. Singolare quando proprio il jazzista statunitense, introducendo Gegè Telesforo, si è “trasformato” in Crooner (cantante “confidenziale”), peraltro con eccellenti risultati.
Telesforo, con il suo abituale “Scat Singing” dalle forti tinte “bluesy”, ha dato spettacolo, chiudendo il concerto con il botto.
Dunque, la gente che ha partecipato allo “Jonio Jazz Festival 2013”, ha potuto trascorrere tre giorni in compagnia della fantastica musica jazz. Tutto ciò grazie allo straordinario impegno e alla grande lungimiranza del Comune di Maruggio, coadiuvato brillantemente dall’associazione “Jonio Jazz Arte e Cultura”.
Stefano Dentice