domenica 22 dicembre 2024


03/03/2014 10:32:39 - Manduria - Cultura

La scritta che campeggia è “Manduria Restituta” in latino o “Manduria Restituita”?

Le recenti osservazioni di alcuni amici, comunicateci sul notissimo social network “Facebook”, ci hanno spinto, più o meno casualmente, a riconsiderare un aspetto, probabilmente secondario, ma certamente curioso, della nostra storia cittadina.
Si tratta, in sostanza, della corretta lettura e interpretazione, nonché contestualizzazione storica, dell’iscrizione collocata su uno dei monumenti più significativi della nostra città, cioè il cosiddetto “Arco di Sant’Angelo”.
L’Arco è un monumento realizzato nella seconda metà del sec. XVII, tra i più notevoli dell’ambito urbano, eretto secondo canoni strutturali e decorativi tipicamente rinascimentali. L’opera, secondo recenti ed attendibili studi (cfr. G.Contessa, “Osservazioni sull’Arco di Sant’Angelo”, in “Quaderni Archeo”, 1 (1996), p.109-121) fu eretta intorno al 1664-65 su iniziativa dei cittadini di Manduria, e con il concorso (cioè con il contributo economico) di Don Andrea Imperiale, all’epoca Marchese d’Oria e Signore di Casalnuovo. L’Arco di Sant’Angelo fu eretto per motivazioni essenzialmente devozionali, cioè per impetrare la protezione dell’Immacolata, di San Gregorio Magno e di San Carlo Borromeo sulla città, allo scopo di liberarla dal flagello dei fulmini e dei temporali, le cui conseguenze sull’economia del tempo, che era sostanzialmente agricola, sono facilmente immaginabili.
Sul prospetto ovest del monumento sono raffigurati, procedendo da sinistra a destra, i riferimenti religiosi e devozionali del tempo: San Gregorio Magno, l’Immacolata e San Carlo Borromeo. Al di sotto del simulacro della Vergine è posto lo stemma civico. La statua dell’Immacolata, posta al centro del fastigio, è collocata sensibilmente più in alto rispetto alle altre, perchè la devozione verso la Vergine era allora (come probabilmente anche oggi) in assoluto la più sentita tra i manduriani. Le tre statue, dunque, rimangono ancora oggi segno tangibile, oltre che del sentimento religioso della comunità manduriana, anche del bisogno di protezione di quest’ultima dalle avversità, naturali e non.
Inoltre, i tre simulacri hanno da sempre la funzione ulteriore di “accogliere” idealmente il visitatore, il quale, una volta varcato il monumentale Arco e introdottosi in città, può godere anch’egli della relativa protezione dei suddetti riferimenti religiosi. Da un punto di vista strettamente artistico, invece, le tre statue, in pietra tufacea, sono un buon esempio di scultura litica della seconda metà del sec. XVII , opera di un ignoto artefice, probabilmente salentino.
Tutto il monumento, nel suo complesso, sia sul piano strutturale che su quello decorativo risulta piuttosto “attardato”, presentandosi come il prodotto di un clima artistico tenacemente ancorato ad una cultura “conservativa” (cioè di stampo ancora rinascimentale) anche se, di fatto, concepito e realizzato in un momento storico (1664-65) in cui nei grandi centri dell’arte (Roma, Napoli) si erano già da tempo affermate le novità dell’arte barocca. Anche i semicapitelli, che segnano il passaggio dal registro inferiore al registro superiore del fronte ovest dell’Arco, risultano essere di gusto pienamente rinascimentale, come le rosette che li fiancheggiano, e riprendono i medesimi motivi che ornano alcune finestre del centro storico di Manduria, risalenti appunto al sec. XVI.
Uno degli elementi che caratterizzano il prospetto ovest dell’opera , su cui proponiamo un approfondimento, è l’iscrizione, ancor oggi leggibile, che corre in corrispondenza dell’architrave, immediatamente sopra il fornice dell’arco. Essa è stata incisa, come vedremo, in età posteriore alla costruzione del monumento (circa 120 anni dopo) ed è stata situata in posizione “strategica”, perchè fosse visibile a tutti, in special modo a chi arrivasse a Manduria provenendo da Taranto, o addirittura da Napoli. L’iscrizione, a lettere incise sulla pietra tufacea, è stata finora letta (tanto dai cittadini che transitano casualmente sotto l’arco, quanto dagli storici locali che ne hanno fatto oggetto di studio) nel seguente modo: “MANDURIA RESTITUTA”.
In realtà, le osservazioni di alcuni storici locali ci portano a non escludere che detta iscrizione, recentemente sottoposta a restauro (anno 2013) insieme all’intero monumento, sia stata originariamente realizzata in altra forma, e cioè: “MANDURIA RESTITUITA”. L’iscrizione dunque, da tutti letta e citata come latina, potrebbe essere stata in origine concepita, dettata e realizzata in italiano. Quale è il significato del testo? Esso fa riferimento ad un evento di grande importanza per la nostra città: la restituzione, con Decreto del Re di Napoli del 14 Novembre 1789, su formale richiesta degli abitanti, dell’antico nome messapico di “Manduria” al nostro nucleo urbano, che a partire dal 1090, cioè per ben sette lunghi secoli, era stato denominato “Casalnuovo”. Il dubbio che l’iscrizione in oggetto non sia stata dettata in lettere latine, ma in lettere italiane, è generato:
1) Dalle osservazioni, accompagnate da un meticoloso rilievo grafico (basato probabilmente, a sua volta, su un rilievo fotografico, oltre che naturalmente sull’osservazione diretta) che fece, a suo tempo, il compianto cultore di storia locale Nino Palumbo, in una sua pregevole opera non più ristampata (Cfr. N. Palumbo, Epigrafi Manduriane, Manduria 1993, p.71).
2) Dalle parole dello storico locale L. Tarentini, il quale, sulla base probabilmente di alcuni documenti consultati, così si esprime: ”L’epoca di questa data memoranda [Il 1789, data della restituzione dell’antico nome messapico] fu festeggiata dall’Università, che fece incidere sulla Porta di Napoli [cioè l’Arco di Sant’Angelo] la seguente scritta, sormontata dallo stemma civico messo a nuovo: “MANDURIA RESTITUITA”.Dal clero, con solenni funzioni, e “Te Deum”, e dal popolo, con segni di pubblica rimostranza.” (Cfr.L.Tarentini, “Cenni storici di Manduria Antica , Casalnuovo, Manduria Restituita” (Cosenza 1901), p.192.
 
Precisiamo che il significato dell’iscrizione, e il suo valore di testimonianza storica, non mutano nella sostanza, sia che il testo si legga in latino, sia che esso si legga in italiano.
Il punto, allora, ci pare essere il seguente: qual è il testo autentico dell’iscrizione? Si consideri che le lettere sono state verosimilmente incise alla fine del sec. XVIII, cioè più di due secoli fa. Su di esse hanno esercitato un’implacabile azione di degrado gli agenti atmosferici. All’azione di questi ultimi, si devono aggiungere gli esiti della recente operazione di restauro, risalente appunto al 2013.
Perchè ci pare necessario ricostruire il testo originario dell’iscrizione? Non certo per mero vezzo di erudizione, quanto perchè esso possa essere correttamente letto, e dunque citato, non solo negli studi locali, ma anche, per es. nelle visite guidate, ecc. In fondo, si tratta di fare corretta memoria del fondamentale momento in cui Manduria riprese l’antico nome messapico, ben sette secoli dopo la sua rifondazione con il nome di “Casalnuovo”(1090).
Invitiamo allora il Comune di Manduria, unitamente magari ai tecnici che si sono occupati del restauro, a fare una verifica diretta sul testo dell’iscrizione, per appurarne finalmente, con un attento studio,la veste originaria, ed eliminare ogni dubbio.
Ci sia consentita, infine, una piccola osservazione di carattere storico. Il testo autentico dell’iscrizione collocata sull’Arco di Sant’Angelo, che a partire dall’ultimo restauro si legge, a tutti gli effetti, “MANDURIA RESTITUTA” (alla latina), e che come tale è riportato anche dagli storici locali più recenti (cfr. P.Brunetti, “Manduria tra storia e leggenda”, Manduria 2007, p.356) potrebbe, in teoria, essere verificato con l’aiuto dei documenti.
A partire, cioè, dal testo dalla relativa Delibera Decurionale (prodotta chiaramente dopo il decreto reale del 14 Novembre 1789), attraverso la quale certamente si stabilì il testo esatto, l’artefice e il costo dell’iscrizione da riprodurre sull’Arco. Tale delibera, come molte altre relative all’attività del nostro Decurionato, è però con ogni probabilità andata perduta. A meno di ritrovarla nell’Archivio di Stato di Napoli, che conserva comunque ben poche carte prodotte dal nostro Comune nel sec. XVIII, essa non è certamente reperibile nell’Archivio di Stato di Taranto, poichè le Delibere del Decurionato di Manduria ivi depositate iniziano con l’anno 1799. Nell’Archivio Storico del Comune di Manduria, infine, si conservano documenti risalenti nella quasi totalità al periodo postunitario.
Un utile ausilio all’indagine potrebbe provenire,a questo punto, solo dallo studio delle carte custodite negli archivi privati. Della consistenza di questo patrimonio documentario, però, nessuno studioso, ne’ locale, ne’ accademico, ha purtroppo la minima cognizione, poichè i documenti stessi, finora, non sono stati resi consultabili. Non è escluso che alcune di queste fonti, se messe a disposizione degli studiosi, chiaramente nel rispetto delle prerogative dei loro legittimi proprietari, possano sostenere concretamente le ipotesi di ricerca, nonchè, forse , dare una risposta risolutiva ai non pochi interrogativi che la nostra storia cittadina ancor oggi pone.
 
Nicola Morrone











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