La storia del declassamento della medaglia alla Memoria: da oro a argento
Fu fucilato dagli uomini del battaglione “Valanga” della famigerata “X Mas”, che agivano insieme alle truppe naziste, il 9 dicembre del 1944, presso il muro perimetrale esterno del piccolo cimitero di Tramonti di Sotto, in provincia di Pordenone. Morì il 12 dicembre, dopo tre giorni di agonia.
Cosimo Moccia pagò con la vita, a 22 anni, il suo atto di eroismo: sottoposto a lungo a tortura, non svelò i nomi e i nascondigli degli altri partigiani. Insieme a lui (che aveva come nome di battaglia “Aldo”), in quel periodo carabiniere in servizio in Friuli, fu fucilato un altro partigiano Ulderico Rondini.
“Carabiniere di elevati sentimenti patriottici, animato da sincera dedizione alla causa di libertà della Patria, raggiungeva con entusiasmo le formazioni partigiane. Durante un rastrellamento operato da preponderanti forze avversarie, si distingueva per audacia e sereno sprezzo del pericolo. Catturati insieme ad altri compagni da un reparto della X Mas, sottoposto a stringenti interrogatori allo scopo di strappargli notizie sull’organizzazione delle formazioni clandestine, manteneva fermo ed eroico contegno. Escluso dalla fucilazione che il comandante nazifascista aveva ordinato, fiero dei suoi nobili ideali, si rivolgeva al nemico chiedendo che la sorte dei compagni fosse anche la sua. Incluso nella schiera dei martiri, immolava la sua giovane esistenza per la liberazione d’Italia. Mirabile esempio di solidarietà umana e di sublime ardimento”.
Questa la motivazione con la quale il Presidente del Consiglio, il 23 aprile del 1947, conferiva a Cosimo Moccia la Medaglia d’Argento alla memoria al Valor Militare. Ma proprio questo decreto ha fatto nascere un caso: nel 1945 i familiari di Cosimo Moccia (cui è stata intitolata una via di Manduria), furono invitati dal Comando Divisionale dei partigiani di Udine a recarsi in Friuli per ritirare una Medaglia d’Oro (e non d’argento) al valore militare. Improvvisamente, però, giunti ad Udine trovarono un’amara sorpresa: invece della Medaglia d’Oro, furono appuntate al petto del fratello due Medaglie d’Argento. Un declassamento mai accettato da tutti i familiari di Cosimo Moccia.
Ad approfondire i vari aspetti di questa storia di alto eroismo è stata l’autrice manduriana Anna Rita Morleo. Ha ascoltato una sorella di Cosimo Moccia e si è recata nei luoghi friulani in cui Cosimo Moccia, più conosciuto come “Aldo”, prestò servizio come carabiniere, raccogliendo testimonianze e documenti, poi inclusi nel suo ultimo libro, intitolato “Sulle orme di una medaglia – Storia minima di un partigiano manduriano”, edito da Barbieri Selvaggi.