Un saggio dello storico locale Nicola Morrone
Anche a Manduria, dal 14 al 20 aprile, durante la Settimana Santa, la comunità cristiana è stata chiamata a riattualizzare nella propria vita, con la partecipazione ai riti e ai sacramenti, gli ultimi giorni della vicenda terrena di Cristo. Come è noto, per i cristiani non si tratta di fare semplice memoria di quello che accadde duemila anni fa a Gerusalemme, ma di comprendere la sostanza stessa della nostra vita, come di quella di Gesù e di quella di tutti gli uomini: un cammino di sofferenza, che però, attraverso la sofferenza, ci fa più capaci di amare, in attesa, dopo il breve valico della morte terrena, del “giorno senza tramonto”.
Siamo nel “tempo forte” della Settimana Santa, in realtà, già dal 13 aprile, cioè dalla Domenica delle Palme, giorno in cui a Manduria, solitamente nella meravigliosa chiesa barocca dello Spirito Santo, avviene la benedizione dei ramoscelli d’ulivo, ricavati dagli alberi secolari delle nostre campagne, gli stessi che furono utilizzati per accogliere festosamente l’arrivo di Cristo a Gerusalemme. I contadini manduriani, dopo la benedizione, li collocheranno nel loro terreno, a protezione del quotidiano lavoro e del futuro raccolto. Altri ramoscelli saranno collocati nelle officine, nei negozi, nelle case.
Nella frazione di Uggiano Montefusco, invece, il ramoscello sarà collocato sull’antica colonna dell’”Osanna”, nei pressi della cappella di Sant’Eligio, a protezione dell’intera comunità.
Dal Lunedì al Mercoledì Santo, chi può, libero da impegni, partecipa alla varie funzioni religiose, soprattutto serali.
La sera del Giovedì Santo si colora, invece, di un’atmosfera particolare. E’ questa, infatti, la lunga serata in cui i Manduriani effettuano il consueto pellegrinaggio per le varie chiese del paese (se ne visitano di norma sette, o, comunque, un numero dispari) all’interno delle quali i parrocchiani volontari hanno allestito, uno per ogni chiesa, gli “altari della reposizione”. Questi ultimi sono impropriamente denominati “Sepolcri”, poichè, di fatto, Cristo fu crocifisso e deposto nel sepolcro il Venerdì. Il Giovedì Santo non è suggestivo, però, solo per la particolarissima atmosfera che chiunque può percepire, ma innanzitutto per il fatto di vedere i concittadini riappropriarsi di una dimensione umana, cioè di colloquio e di preghiera, sottratti come per miracolo al caos del traffico automobilistico. Tra gli “altari della reposizione” spicca quello allestito dai Francescani nella omonima chiesa, improntato come sempre a estrema semplicità, nello spirito del Santo di Assisi. Tutti i restanti “altari della reposizione”, allocati nelle varie chiese, sono comunque piuttosto sobri, nello spirito suggerito dal Concilio Ecumenico Vaticano II , e mirano a privilegiare soprattutto il dato religioso, nella certezza che il mistero cristiano non ha bisogno di essere comunicato attraverso immagini appariscenti.
Il momento centrale della Settimana Santa è comunque costituito, a Manduria come altrove, dalla ritualità collettiva del Venerdì, giorno in cui si fa appunto memoria della morte di Cristo. Già dal pomeriggio i simulacri, posizionati di solito al centro della navata, sono omaggiati dalle visite dei fedeli. E la sera si avvia la grande funzione processionale (che quest’anno non ha avuto luogo a causa del maltempo), alla quale partecipa praticamente tutto il paese, tra clero regolare e secolare, confraternite, associazioni cristiane e autorità.
E al di là delle solite, inevitabili quanto sterili considerazioni sulla reale fede di ognuno,ogni volta siamo profondamente colpiti da ciò che accade in questo frangente. E’ però evidente un dato: pur in un contesto di grande e sentita partecipazione popolare, nella processione del Venerdì Santo non si dà mai troppo spazio all’esteriorità. A Manduria, nel corteo processionale non figurano incappucciati, o penitenti con pesanti croci sulle spalle, ecc. La nostra processione, dacchè vi partecipiamo, ha sempre avuto la caratteristica di “rito semplice”.
Ciò che colpisce è il procedere lento e composto dei partecipanti, tra la riflessione collettiva guidata dal clero e le preghiere. Con un invito, di tanto in tanto, al silenzio, dal momento che il Venerdì Santo si fa comunque memoria di Cristo morto. In sostanza, se dovessimo definire la nostra processione dei Misteri con due aggettivi, diremmo che essa è semplice e partecipata. Nel dettaglio, il corteo è così strutturato: aprono il percorso le associazioni cattoliche, seguite dalla parrocchia di Santa Gemma, Santa Maria di Costantinopoli, Madonna del Rosario (con statua di Gesù nell’orto degli ulivi e Confraternita di San Giuseppe), Confraternita del Carmine (Gesù alla colonna), Confraternita della Purificazione (Ecce Homo), Confraternita di San Leonardo (Gesù che cade), Associazione di Passionisti (Gesù che incontra la Madre), Parrocchia San Giovanni Bosco (Gesù Crocifisso), Parrocchia San Michele Arcangelo (Pietà), Parrocchia SS. Trinità (Gesù Morto e Confraternita del SS. Sacramento), Confraternita della Morte e Orazione (Addolorata).
Segnaliamo che alcuni simulacri processionali sono di indiscutibile valore artistico (in particolare, quattro cartapeste leccesi di primo ‘900 di G. Manzo, altri costituiscono dignitose opere di scultori recenti. Il Cristo Morto è la statua più antica (sec. XVII), mentre l’Addolorata risale al sec. XVIII. Protagonisti del Giovedì e del Venerdì Santo, qui come altrove, sono comunque i confratelli, le consorelle e i membri delle associazioni, esempio di condivisione di valori umani (e non solo) in un tempo difficilissimo, critico da qualunque prospettiva lo si voglia considerare. Come è noto, Confraternite e Associazioni destinano buona parte degli oboli delle Messe domenicali nelle rispettive parrocchie, oltre che alla carità, al restauro delle opere d’arte: a loro Manduria deve dunque molto.
Se la processione del Venerdì Santo passa nei pressi dell’ospedale civile “M. Giannuzzi”, inoltre, si verifica un fatto del tutto particolare: la statua dell’Addolorata, persa la fissità tipica dei simulacri, si muove, e, su indicazione del clero, viene esposta verso le finestre di quel luogo particolare dove in molti le rivolgono lo sguardo.
La situazione, naturalmente, si commenta da sola. La processione si conclude in piazza Garibaldi, centro fisico della città contemporanea, dove, dopo l’omelia dell’Arciprete (condotta solitamente dal sagrato della chiesa delle Scuole Pie), tutti i partecipanti al corteo fanno rientro nelle rispettive chiese. Anche qui, tra tutte le statue, l’Addolorata fa eccezione: unica tra tutte , non fa subito rientro nella chiesa di pertinenza ma viene accompagnata nella Chiesa Matrice, e “saluta” simbolicamente il Figlio morto.
Non diversamente da altre località, all’Addolorata viene dunque assegnato anche a Manduria un rilievo particolare nell’ambito della processione del Venerdì Santo, alla fine della quale il corteo si scioglie spontaneamente.S i aspetta la Domenica di Pasqua, quando, con stupore ancora immutato dopo duemila anni, contempleremo un sepolcro vuoto.
Nicola Morrone