Il suo nuovo libro (edito da Kurumuny) raccoglie sette tragicommedie, scritte dall’autrice con trame suddivise in atti
Si intitola “Anche i fili d’erba” la nuova pubblicazione di Maria Antonietta Malagnino, vigilessa di Manduria con l’hobby della scrittura. Dopo una serie di favole a sfondo sociale, Maria Antonietta Malagnino si è cimentata, con successo, anche come narratrice.
Il suo nuovo libro (edito da Kurumuny) raccoglie sette tragicommedie, scritte dall’autrice con trame suddivise in atti. Il primo è una storia vera, un dramma autobiografico, romanzato dall’autrice: la morte dello zio in un campo per internati italiani in Germania. Anche negli altri sei racconti, l’autrice, a volte prendendo spunto dalla realtà che la circonda e quasi sempre ambientando le storie in luoghi che conosce e che vuol valorizzare, manda dei chiari messaggi sociali.
«In queste sette tragicommedie ho cercato di mescolare il tragico col comico, in cui l’io narrante coincide col protagonista, mentre il coro è esterno, discreto, non prende mai posizione» ci racconta Maria Antonietta Malagnino. «In questi racconti si evidenziano le rimembranze delle tragedie greche frutto del lavoro degli anni ‘80 del mio professore di Greco Antonio Dinoi, che ci trasmise l’amore per la lingua greca. Le storie sono finestre sul mondo in cui ognuno può ritrovarsi, a parte la prima che è autobiografica».
Tante le denunce che l’autrice lancia con le sue tragicommedie.
«Taranto è una città bellissima. A volte sogno a occhi aperti regate a livello mondiale» scrive Maria Antonietta Malagnino. «Sogno una città piena di turisti che si affacciano dal ponte girevole al passaggio delle navi. Sogno una Marina Militare gloriosa. Ma è solo un sogno. Il mese scorso ho perso mio nipote, di tumore: aveva solo sette anni…».
Per lei «Il dolore è il buio del cuore senza speranza. Il buio che avanza grazie all’indifferenza di chi tutela i propri interessi e mai la giustizia».
Molto significativa anche la denuncia sulla penalizzazione della meritocrazia.
«Se finora si assumevano persone incapaci di fare la “o” col bicchiere, ora il merito è il nuovo criterio» scrive con ironia la Malagnino. «Il merito non è la laurea, non è il master, non è superare i test in Medicina, ma sono le radici, l’appartenenza. E’ nel sangue, nelle amicizie, nei canali giusti…».