domenica 22 dicembre 2024


08/11/2014 12:58:30 - Manduria - Cultura

Il Leopardi reso massimo rappresentante dell’umanità

Lunedì 3 e martedì 4 novembre, le classi quarte e quinte del liceo “De Sanctis-Galilei” di Manduria, al posto della tradizionale lezione in aula, hanno partecipato alla visione della pellicola “Il giovane favoloso”, presso il cinema Salerno a Oria.
Il prodotto cinematografico, volto alla rappresentazione della biografia del celebre poeta italiano Giacomo Leopardi, rivela, oltre ad un’estremamente minuziosa cura di ogni particolare, la sottesa profondissima sensibilità dei produttori. La pellicola, girata da Mario Martone, risulta un’illustrazione, pressoché integrale, del vissuto del Leopardi. Ad un’analisi più superficiale, si trae un’istantanea quasi molesta: il film è un autentico susseguirsi di immagini dominate da un’esasperata ostentazione della condizione fisica del poeta, tradizionalmente vessato da deformazioni degenerative, cagionate da uno stile di vita eccessivamente sedentario. Difatti, ogni nuovo fotogramma esibisce una più profonda decadenza nell’aspetto, lamenta il presentarsi di un’ulteriore pietosa disfunzione.
Al Leopardi è attribuito un ritratto meschino, quello del volto febbrile d’un gracilissimo giovane. Eppure, la chiave di lettura, di ciò che non deve essere assimilato ad un semplice resoconto biografico, è molto meno gratuita. Egli è un’antitesi autentica: fulgidi occhi, avidi di vita, campeggiano su un pallore che sembra presagire morte; la mesta andatura arrancante del corpo, oramai pressoché ricurvo su se stesso, è coronata dal più genuino dei sorrisi.
La crudezza nei dettagli, giustificabile adducendola ad una necessità di realismo, rende il Leopardi l’emblema dell’essere umano: reo di non aver saputo condizionare il proprio essere, così in contrasto con ciò che la natura invece impone. Trovando diletto unicamente nello studio, egli determina da sé la propria condanna, allorché, non potendo prescindere dalla disperatissima necessità di apprendere, anche in virtù delle insistenze del padre, il quale aveva riconosciuto nel figlio il genio, e del distacco affettivo della madre, trascorre l’interezza delle proprie giornate nella più totale immobilità motoria. Alla manifestazione più manchevole della natura fisica, tuttavia, corrisponde un’indole tra le più sensibili nella storia dell’umanità, cosicché, il Leopardi esemplifica perfettamente la sventura di colui che, nonostante il mondo non gli sia congeniale nei suoi aspetti più pragmatici, risulta esserne profondissimo conoscitore.
Nel corso della pellicola si ha occasione di constatare un’assolutamente lucida capacità critica del poeta, consapevole della violenza morale insita in un contesto sociale confacente più le masse di popolazione, piuttosto che proporzionato rispetto ai singoli individui: l’infelicità personale si contrappone, dunque, alla necessità collettiva, ad una prudente costanza nelle vedute e nelle abitudini. L’evasione dalla limitatezza della realtà quotidiana si configura, quindi, quasi come un esito scontato dello scetticismo applicato ad ogni aspetto di una natura ingannatrice, la quale delude ogni aspettativa, mera speranza dell’uomo, inadatto partecipante al meccanismo del mondo, non vincolante promessa.
Leopardi, nella propria esasperata ricerca della felicità, rappresenta, così, l’estremizzazione di una serie di tendenze, insite in ogni uomo: il desiderio di essere amati, mai appagato appieno; la necessità di prevalere sulle proprie manchevolezze, siano esse fisiche o di qualsiasi altra natura, allo scopo di soddisfare la propria ambizione; il bisogno di essere compresi dai propri simili e la conseguente incomunicabilità della propria interiorità, irreparabilmente contestata e malintesa.
Non è stato sensato, dunque, per coloro che hanno assistito alla proiezione, considerare con distacco un infermo Leopardi nell’atto di contemplare le stelle, dimore di innumerevoli altre creature, forse ugualmente infelici, oppure ritratto in un momento di estasi assoluta, nella percezione di infiniti spazi al di là di una siepe. Egli è meravigliosamente vincolato ad una penosa spoglia terrena, il che lo rende estremamente concreto, laddove, in virtù del proprio straordinario ingegno, sarebbe stato legittimamente idealizzato. Il prodotto cinematografico ha reso palese quanto la sorte lo accomunasse, dopotutto, a tutti gli uomini: un’eccessiva devozione rivolta a ciò che il mondo offriva aveva disatteso le sue speranze, rendendolo vittima della ripulsa di un’esistenza amata con deleterio ardore.
 
Ragucci Cosmanna 5ª B
Indirizzo Scientifico
Liceo ”De Sanctis-Galilei”- Manduria











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