Figlia di giudici con cellulare
La banda degli otto aspiranti azzeccagarbugli. Il piano per superare brillantemente la terza prova scritta dell’esame per l'iscrizione nell’albo degli avvocati presso la sede di Corte di appello di Bari, era semplice e ben congegnato. Fase uno: fare uscire dalla maxiaula d’esame, quartiere fieristico, attraverso una delle «sentinelle» deputate a vigilare sul regolare svolgimento della prova, la traccia proposta ai candidati che avevano 7 ore a disposizione, come tempo complessivo per la redazione di un atto giudiziario. Fase due: far giungere il quesito d’esame, attraverso una staffetta alla «mente», ovvero all’esperto che avrebbe sviluppato il tema e redatto l’atto a tempo di record. Fase tre, la più rischiosa: far entrare la risposta al quesito e distribuirla tra gli otto furbetti che avevano ideato, pianificato e preso parte al «complotto».
Tutto è sembrato andare per il verso giusto fino al momento in cui la sentinella, un dipendente della Corte di appello di Bari e la staffetta, una funzionaria dell’Università degli Studi di Bari, si sono incontrati per la consegna finale. Quando la busta con dentro l’atto è passato di mano, sono saltati fuori i carabinieri del Nucleo investigativo (guidati dal tenente colonnello Riccardo Barbera) che stavano controllando la donna sin dall’inizio della sessione d’esame. I due sono trasaliti, balbettando. Nella busta i carabinieri hanno trovato un bigliettino con i nomi di cinque esaminandi. Una manna piovuta dal cielo che avrebbe fatto la felicità anche di altri tre candidati sotto esame.
Il segretario e la donna che gli ha consegnato il plico sono indagati a piede libero per truffa e per la violazione della legge sugli esami di abilitazione professionale, che prevede la condanna da tre mesi a un anno di reclusione per chi copia. Una informativa con il racconto dettagliato di quanto fin qui accertato è finita ieri mattina, sul tavolo del pm Eugenia Pontassuglia. I militari sono sulle tracce dell’esperto che ha scritto l’atto.
Erano 1.500 i dottori in legge che stavano sostenendo una prova che ora potrebbe essere annullata. Lo svolgimento dell’esame è stato turbato da un episodio che si è verificato nel corso della prima giornata. Tre aspiranti avvocatesse (una è figlia di due magistrati), sono entrate nell’aula tirandosi dietro il telefono cellulare che durante la prova hanno cercato di utilizzare dopo essersi rifugiate in bagno. Quando si sono rese conto che sarebbero state scoperte, sono tornate in aula. Pochi minuti dopo il presidente della commissione d’esame ha comunicato il ritrovamento in bagno dei due apparecchi ma solo una delle due candidate si è fatta avanti, subito espulsa. L’altra è rimasta in silenzio ma è stata identifica.
Il presidente della commissione, intanto, ha fatto sapere che la prova resta valida e che non verrà annullata.
«Quello che è accaduto - ha detto l’avvocato Manuel Virgintino, presidente dell’Ordine degli Avvocati - mi rende molto triste. Mi rattrista lo squallore di chi ricorre a sotterfugi, violando la legge e ogni principio etico. La stragrande maggioranza degli esaminandi ha lavorato con sacrificio e onestà. È una sconfitta per coloro che hanno cercato l’inganno e che giustamente andranno incontro a una punizione ma è anche una sconfitta del sistema. Da tempo sostengo che questa formula d’esame è sbagliata. È necessario e urgente creare un concorso unico per l’accesso a tutte le professioni legali».