«I soldi per le bonifiche alle aree esterne dell’Ilva sono gli stessi, non un centesimo in più, di quelli previsti dal decreto 129 del 7 agosto 2012. Si tratta di 119 milioni di euro: di fronte a 8 miliardi di danno ambientale sono una goccia nell’oceano»
«Abbiamo inviato alla Commissione Europea il settimo decreto Ilva. Dal 26 luglio 2012, giorno in cui la Procura di Taranto ha sequestrato gli impianti Ilva di Taranto eseguendo numerosi arresti, i sette decreti approvati hanno avuto lo scopo di fermare l’azione della magistratura e di rimandare proroga su proroga l’applicazione di importanti misure ambientali a tutela della salute della popolazione tarantina. Dopo una lettura attenta del decreto, il dolore è stato ancor più forte, perché sono state inserite norme che ci portano indietro nel tempo non garantendo tutele sanitarie, ambientali, occupazionali e prevedendo anche l’immunità penale. Voglio ricordare che senza salute non c’è lavoro e purtroppo questo decreto non tutela la salute perché attua un drammatico condono ambientale che proroga a data da definire la realizzazione di importanti interventi come la copertura del parco minerali e gli interventi su agglomerato, cokerie e altiforni.
Vediamo perché:
il decreto prevede che il piano ambientale per gli impianti Ilva si intende approvato se l’80% delle prescrizioni in scadenza al 31 luglio 2015 saranno realizzate. Questo è un condono degli interventi sugli impianti che porta a non realizzare le prescrizioni più onerose per l’azienda come la copertura del parco minerali,gli interventi su agglomerato, cokerie e altiforni. Solo queste prescrizioni che dal punto di vista degli investimenti economici valgono da sole un miliardo di euro. Ma la cosa grave e' che il piano di intende attuato il 31 luglio 2015.
Il decreto non solo non si preoccupa degli aspetti sanitari ma ostacola l’applicazione della valutazione del danno sanitario a tal punto che decide all’art.2 comma 2, che la valutazione del danno sanitario non può modificare le prescrizioni che devono essere adottate sugli impianti. Allora a cosa servono le prescrizioni se queste non possono essere modificate in relazione alle tutele sanitarie ? La risposta del perché di questa norma, sta nello studio della valutazione del danno sanitario di Arpa Puglia che afferma, che in caso di non applicazione delle prescrizioni ambientali sarebbero a rischio cancro 25 mila persone a Taranto ed in caso di piena applicazione il rischio si ridurrebbe solo del 50%.
Dopo questo condono sulle prescrizioni fatto sulla salute dei cittadini, arriva all’art.2 comma 6: l’immunità penale e civile per il commissario straordinario che guida Ilva. Una norma che ci riporta al medioevo e all’ordinamento feudale. L’immunità prevista nel decreto è la prova provata che il decreto viola:la Costituzione,in particolare l’art.3,l’obbligo dell’azione penale da parte dei magistrati,la legislazione ambientale,sanitaria e la sentenza n.85/2013 della Corte Costituzionale oltre che alle direttive europee in materia ambientale,sul principio chi inquina paga e sulla concorrenza.
Nel decreto non si parla di avviare la procedura del danno ambientale contro i Riva e soci Ilva. I custodi giudiziari della procura di Taranto hanno fatto una stima di 8 miliardi di euro. Perché nel decreto non è stata prevista una norma che consentisse di sequestrare i patrimoni dei Riva e dei soci per l’equivalente del danno ambientale procurato per finanziare la realizzazione delle bonifiche?
I soldi per le bonifiche alle aree esterne dell’Ilva sono gli stessi, non un centesimo in più, di quelli previsti dal decreto 129 del 7 agosto 2012. Si tratta di 119 milioni di euro. Per far comprendere la drammaticità della situazione: in un raggio di 20 km non si può pascolare perché i terreni sono contaminati, quella contaminazione da diossina che ha portato all’abbattimento di oltre 2.000 capi di bestiame. 119 milioni di euro di fronte a 8 miliardi di danno ambientale sono una goccia nell’oceano.
Nel piano del governo c’è la strategia di dividere Ilva in due società: bad company e newcompany. Nella newco andranno gli impianti, i patrimoni e i finanziamenti, nella bad company i debiti, le controversie giudiziarie e le richieste di risarcimenti. Trovo questa scelta eticamente discutibile, perché i dolori e le vite perdute dei tarantini non possono essere confinate in una bad company. Il decreto parla di garanzia di livelli adeguati di occupazione: tradotto significa licenziamenti.
Il problema non è se Ilva diventi pubblica o meno, ma interessa sapere se nella città dove il 54% dei bambini si ammala di tumore e il 21% muore (rispetto alla media pugliese) secondo la recente ricerca dell’istituto superire di Sanità, possano realizzarsi le condizioni, in un futuro non tanto lontano, affinché un bambino possa avere la stessa aspettativa di vita di altri bambini in Italia,ma il problema ovviamente tocca anche gli adulti.. E’ stata fatta al governo una proposta dettagliata di conversione industriale di Taranto sulla base di quanto accaduto a Bilbao o Pittsburgh. Pittsburgh era la città dell’acciaio oggi è la città della conoscenza e della ricerca arrivando a raddoppiare l’occupazione».
Angelo Bonelli
Co-portavoce nazionale dei Verdi