Intanto, i primi a cadere sul fronte della guerra a xylella saranno in realtà gli ulivi di Oria
Xylella, il batterio killer degli ulivi, contagia anche la macchia mediterranea salentina. L’inquietante scoperta ha ormai i sigilli dei laboratori di analisi, che con i test incrociati (delle proteine e del dna del batterio), hanno scovato tracce della «fastidiosa» nelle profumate piante di mirto, di rosmarino e di «rhamnus alaternus», un arbusto sempre verde tipico della macchia mediterranea.
Una notizia sconfortante, che rende ancora più complesso il quadro epidemiologico del Salento e lascia intravedere scenari futuri apocalittici qualora il batterio dovesse compiere sino in fondo il suo piano mortale. La Terra d’Otranto rischia infatti di perdere non solo la sua meravigliosa foresta di ulivi ma anche alcune delle piante più caratterizzanti del paesaggio e dell’ecosistema.
A destare sospetti sono stati alcuni disseccamenti che colpivano queste tre specie della macchia mediterranea nella zona infetta di Gallipoli: foglie risecchite, dai bordi marrone bruciato. I campioni sono stati portati nei laboratori ed il verdetto è stato impietoso: anche queste tre specie della rigogliosa e onnipresente macchia mediterranea sono da annoverare nella ormai lunga lista delle piante ospiti di xylella fastidiosa. Il pestifero batterio sembra dunque aver trovato nel Salento un variegato eden botanico su cui scorrazzare a volontà.
Per mirto, rosamrino e rhamnus scatteranno ora le limitazioni previste per le altre specie ospiti di xyella: i vivai non potranno più né acquistarle né venderle, i salentini non potranno piantarle. Quanto alla macchia mediterranea spontanea, il dramma, ancor prima del rischio di disseccamento, è che potrebbe diventare un gigantesco serbatoio di inoculo su cui le «sputacchine» (gli insetti-vettori idi xylella) potranno pasteggiare per poi traghettare altrove il batterio.
I primi a cadere sul fronte della guerra a xylella saranno in realtà gli ulivi di Oria. Le ruspe dovrebbero entrare in azione già la prossima settimana nel focolaio per ora circoscritto del Brindisino (circa 4mila gli alberi contagiati dal batterio) per cercare di mettere subito in sicurezza l’«oasi» visitata dalla fastidiosa.
Un intervento drastico considerato necessario per scongiurare un’ulteriore propagazione del batterio, che farebbe scattare misure pesanti anche per i vivai di Brindisi.
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