domenica 22 dicembre 2024


15/03/2015 14:39:27 - Manduria - Cultura

L’autore fornisce ai concittadini, oltre che agli studiosi, l’occasione di conoscere la produzione di questo scrittore che, dotato di un’istruzione appena elementare, ha prodotto un poderoso spaccato di cultura popolare, notevole a più livelli

 
Esiste una discreta produzione letteraria locale di carattere “creativo” sulla figura di San Pietro Apostolo, frutto della religiosità popolare. Essa è stata analizzata per la prima volta dalla studiosa Bianca Tragni, nel suo lavoro sugli aspetti antropologici e devozionali del culto di San Pietro a Manduria [Cfr.G.Lunardi-B.Tragni,San Pietro in Bevagna nella storia e nella tradizione (Manduria 1993)pp.95-102]. L’autrice prende in esame i testi più noti della letteratura petrina manduriana, quasi tutti scritti nel dialetto locale e che, come tali, presentano un interesse linguistico, oltre che letterario ed antropologico.
Al gruppo di componimenti analizzato dalla Tragni si deve aggiungere un ulteriore contributo, costituito da un racconto, in forma romanzata, della processione penitenziale che si svolge periodicamente (attualmente, ogni cinque anni) da San Pietro in Bevagna a Manduria (e ritorno), promossa per impetrare all’Apostolo la grazia della pioggia, ma anche, più in generale, per rinnovare un atto di fede collettivo nei confronti di colui che, con San Gregorio Magno e l’Immacolata, è tra i massimi protettori della comunità manduriana. Il racconto, composto nel 1974, si intitola “Lu illanu e Santu Pietru” (trad. Il contadino e San Pietro). Ne è autore il manduriano Emilio Greco (1906-1980), fratello minore del più noto Michele Greco, storico direttore della Biblioteca Comunale di Manduria. L’opera di Emilio Greco e’ stata pubblicata per la prima volta nel 1995 da Paolo Laurita Editore in Potenza (con presentazione di Pietro Brunetti) e una seconda volta nel 2011, da Barbieri Editore in Manduria (a cura di Giuseppe Dinoi).
Entrambe le edizioni riportano il testo dell’autore con traduzione a fronte; l’ultima ripropone la copia fotostatica del manoscritto originale. Il racconto rappresenta solo una parte di un più ampio, originale, lavoro sulle tradizioni popolari manduriane, che ha visto appunto la luce nel 2011 con il volume dal titolo “No è cieddi no’, nu illanu eti”.
Entrambi le operazioni editoriali sono meritorie, poichè forniscono ai concittadini, oltre che agli studiosi, l’occasione di conoscere la produzione di questo scrittore che, dotato di un’istruzione appena elementare, ha prodotto un poderoso spaccato di cultura popolare, notevole a più livelli. In particolare, ne ”Lu illanu e Santu Pietru” si racconta la storia di un anonimo contadino (evidente rappresentazione dell’intera categoria dei contadini manduriani) che, disperato per una stagione agricola che si preannuncia all’insegna del cattivo raccolto, e presago della fame che lo aspetta, decide di rivolgersi, per un aiuto, ad un vecchio eremita che abita in un bosco, poco lontano dal mare. Il vecchio è in realtà San Pietro Apostolo e il bosco richiama quello de “li Cuturi”, non distante dal lido di Bevagna.
Il vecchio si mostra piuttosto reticente alle richieste di aiuto del contadino, perciò quest’ultimo decide di “prelevarlo” con la forza e portarlo con sè dal suo luogo di residenza fino a Manduria. Il bracciante decide che la strada fino a Manduria dovrà essere per lui all’insegna della penitenza, e si carica quindi volontariamente del peso di grossi tronchi d’albero da portare fino al paese. A lui si uniscono moglie e figli, e poi tutto il popolo, recitando litanie e facendo tutti, in varia modalità, penitenza. Giunto a Manduria, il corteo si reca verso la chiesa dell’Immacolata, dove li attende la statua della Vergine: essa magicamente si “anima” ed inizia un toccante dialogo con San Pietro, sotto lo sguardo devoto del contadino. Dopo l’abboccamento, si recano tutti verso la Chiesa Matrice, dove sono accolti, sul sagrato , dal “padrone di casa”, cioè San Gregorio Magno.
Nella Chiesa Matrice i tre simulacri restano per una settimana, oggetto di preghiere e ripetute richieste di grazia, specie quella di ottenere una pioggia abbondante. Alla fine, si verifica il “miracolo” di un raccolto che, giudicato dapprima scarso, si rivelerà in ultimo più che sufficiente per i bisogni della comunità. I tre simulacri dei santi protettori sono dunque riportati in processione nelle rispettive chiese.
Tutto il narrato è, di fatto, l’immagine della processione petrina per implorare la pioggia e presenta più di un motivo di interesse. Nel lasciare ai tecnici la disamina degli aspetti linguistici del narrato dialettale, segnaliamo alcuni elementi degni di nota. In primo luogo, il punto di vista del narratore (il contadino), che offre al lettore una descrizione in “presa diretta” della processione, mediata dai suoi pensieri e sentimenti, specchio dei pensieri e sentimenti di tutti gli altri braccianti partecipanti. Poi, tutto l’evento è reso con una forte, analitica carica descrittiva: a partire da questo testo, sarebbe infatti estremamente facile ricostruire le modalità della processione petrina come essa si svolgeva in passato. Ma l’espediente narrativo più audace, utilizzato dall’autore sin dall’inizio, è senza dubbio la trasformazione dei simulacri dei tre santi (San Pietro, l’Immacolata, San Gregorio) in persone reali, con cui il contadino intrattiene per tutto il corso della vicenda un caratteristico dialogo.
Verosimilmente, questo espediente è riconducibile al modo di vivere il culto da parte della gente semplice, per cui non esiste differenza sostanziale tra il Santo e l’immagine che lo rappresenta. Infine, l’autore introduce nel suo racconto, per bocca del contadino e dello stesso San Pietro, delle considerazioni di natura socio-economica, su cui ci soffermiamo brevemente. Il contadino, nel suo dialogo con l’Apostolo, tiene a ricordargli che, verosimilmente, i proprietari della terra hanno molto meno interesse di lui a chiedere la grazia di una pioggia abbondante. I ricchi, infatti, non dipendono strettamente dal raccolto per la propria sussistenza, poichè percepiscono comunque un canone annuo, mentre il bracciante deve contare, di fatto, solo sul raccolto per poter vivere. Una critica neanche tanto velata alla Chiesa è invece espressa direttamente da San Pietro, quando l’Apostolo “polemizza” direttamente con San Gregorio Magno in riferimento al lusso del suo abito, specchio del lusso dei romani Pontefici. L’Apostolo, infatti, non sembra condividere tanto lusso nel vicario di Cristo, cioè il Papa, che dovrebbe invece vestire come il suo Maestro, cioè poveramente. Così come nel rispetto e nell’aiuto dei poveri dovrebbe svolgersi la vita di ogni cristiano che si dica davvero tale [Cfr.”Lu illanu e Santu Pietru (Potenza 1995), pp.80-83].
Infine, un ultimo spunto di velata critica sociale lo offre alla fine del racconto il contadino manduriano, da sempre animato, secondo l’autore, dal desiderio di fare a San Pietro una festa solenne, ma da sempre costretto, per le sue scarse risorse finanziarie, a non vedere esaudito questo suo desiderio. Al contrario, i benestanti del paese (cioè i “galantuomini”), che si troverebbero materialmente nella condizione di festeggiare il santo con tutti gli onori, non sembrano simpatizzare più di tanto per l’Apostolo, probabilmente per le ragioni socio economiche sopra esposte.
Così, l’appassionato racconto di Emilio Greco documenta in modo esemplare che il culto di San Pietro aveva a Manduria, nel passato, una matrice dichiaratamente contadina: nel narrato, il bracciante agricolo dichiara esplicitamente che l’Apostolo può considerarsi il protettore della sua particolare categoria sociale [Cfr.Op.cit.,p.87]. Matrice contadina che, con l’avvento della moderna industrializzazione della civiltà dei consumi, ha naturalmente in gran parte perduto.
 
Nicola Morrone

 

 

 

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E’ in rete la terza puntata del “Prudenzano News”
“La processione arborea di San Pietro in Bevagna
fra rito e Fede”










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