Per risparmiare quei soldi, saranno chiusi altri ospedali?
I 260 milioni di minori trasferimenti concordati per l’anno in corso sono già stati ammortizzati ad aprile con l’approvazione del Dief, il Documento di indirizzo economico finanziario. Il problema, adesso, è che le misure di razionalizzazione contenute nel decreto Enti locali sono simili se non uguali a quelle che la Regione ha già applicato per far quadrare i conti.
E sono misure irripetibili: quante volte si potrà risparmiare sulle forniture di beni e servizi e sulla spesa farmaceutica? Ecco perché, dopo aver ritrovato il pareggio economico al termine di tre anni dolorosi, la sanità pugliese si ritrova con il coltello alla gola: gli ulteriori tagli al Fondo sanitario nazionale significheranno, fatalmente, il ko del sistema e il ritorno in piano di rientro. I tecnici della sanità pugliese ritengono che dietro questa manovra ci sia il tentativo di riportare a Roma la guida del sistema sanitario.
Nei prossimi tre anni la Puglia dovrà risparmiare 750 milioni, applicando misure che - realisticamente - possono portare benefici pari a un terzo di quella cifra. Significa che già dopo il secondo anno, accumulando un deficit di 500 milioni, la Regione tornerebbe in piano di rientro e sarebbe di nuovo costretta a tagliare reparti e chiudere ospedali.
In Puglia gli ospedali aperti sono 39: gli 11 più grandi producono il 60% dei 600mila ricoveri registrati ogni anno, con i primi 18 si copre quasi il 90%. Ogni piccolo ospedale costa, mediamente, 20 milioni di euro: un taglio di 750 milioni ai trasferimenti comporta la chiusura di 20 strutture. Le prestazioni di specialistica ambulatoriale sono 10 milioni l’anno, il decreto impone di tagliarne il 15%: qui si tratta di incidere sull’alea dell’inappropriatezza (visite ed esami inutili), con un risparmio di 40-50 milioni l’anno. Poi la spesa farmaceutica, voce su cui la Puglia è davvero indifendibile: nel 2014 il tetto della territoriale (le farmacie) è stato superato di 119 milioni, soldi che sono finiti in gran parte nelle casse delle società farmaceutiche. Qui il problema è l’appropriatezza prescrittiva (in Puglia si compilano 40 milioni di ricette ogni anno, cioè 40 milioni di accessi): il governo vuole ridurla introducendo la responsabilità patrimoniale dei medici, ma l’effetto deterrente è tutto da dimostrare.
Resta poi l’altro capitolo della sanità privata. La chiusura delle case di cura con meno di 40 posti letto, che è già prevista, porta con sé un problema di sistema perché spinge verso i grandi operatori. In Puglia quelle a rischio chiusura sono 5 (San Michele a Foggia, Medea a Ostuni, D’Amore e S. Rita a Taranto, Villa Bianca a Lecce), la Regione si sta impegnando per individuare un percorso indolore che non impatti sull’assistenza né sui livelli occupazionali: ballano infatti 500 posti di lavoro. Ma oltre a quello del servizio, la nuova stagione dei tagli colpirà soprattutto chi spera in un lavoro: è evidente che i piani assunzionali già concordati, a fronte di risorse non più certe vadano quantomeno ridiscussi. Il blocco del turn-over e delle stabilizzazioni si traduce, nella pratica, in disservizi e liste d’attesa. E le soluzioni non arrivano mai.