Emessi dieci avvisi di garanzia: fra gli indagati anche il commissario Silletti e alcuni ricercatori di Crn e Iam
Bari avrebbe «tratto in errore» Bruxelles sulla vicenda Xylella. Questa è la tesi della Procura di Lecce, resa ancora più esplicita dalle parole del procuratore Cataldo Motta, durante la conferenza stampa convocata ieri mattina: «Non voglio dire che l’Ue sia stata ingannata, ma ha ricevuto una falsa interpretazione dei fatti».
È la stoccata che arriva all’indomani del sequestro di tutti gli ulivi salentini destinati all’estirpazione e dell’avviso di garanzia a dieci indagati, tra cui il commissario straordinario Giuseppe Silletti, ricercatori di Cnr e Iam e dirigenti dell’Osservatorio fitosanitario regionale e centrale. Le ipotesi di reato vanno dalla diffusione colposa di una malattia delle piante al falso materiale e ideologico, dal getto pericoloso di cose alla violazione di disposizioni in materia ambientale, fino al deturpamento di bellezze naturali.
«Uno dei dati non esatti - ha spiegato Motta - è legato proprio alla diffusione recente del batterio sul territorio, ciò che è stato dato per scontato e ha motivato i provvedimenti di applicazione dei protocolli da quarantena». Stando alla ricostruzione fatta dalle pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci, Xylella è presente «da almeno 15 o 20 anni» nel Salento, tanto da aver potuto subire mutazioni, da differenziarsi in «almeno nove ceppi diversi» e localizzarsi in punti diversi. Tradotto: «La quarantena per un batterio che sta sul territorio da tanto tempo dovrebbe essere assolutamente inutile» e, quindi, non sarebbe giustificata la proclamazione dello stato di emergenza fatta dal governo. Allo stesso modo, non avrebbero fondamento le drastiche misure di contenimento del parassita. «I tentativi fatti in tutto il mondo - hanno spiegato i magistrati - hanno dimostrato l’inutilità dell’estirpazione. Poi, per quanto riguarda gli insetticidi e i pesticidi, non è stato considerato il rischio di inquinamento e di nocività per la salute pubblica. In realtà, i rimedi vanno studiati e attuati con gradualità». È quello che sarebbe mancato. «Se avete l’influenza - ha detto il pm Mignone - non vi fate abbattere. A maggior ragione in un territorio che fonda non solo l’economia ma anche la propria immagine sugli oliveti, questo contemperamento di interessi doveva essere tenuto presente».
«Abbiamo cominciato questa indagine nell’aprile 2014 - ha voluto rimarcare in premessa Motta - e il tempo trascorso è stato utilizzato per accertare determinati profili, ma l’indagine non è assolutamente compiuta e completa. Il tempo trascorso, però, vi dà la dimensione delle difficoltà di fronte alle quali ci siamo trovati e della cautela con la quale ci siamo mossi».
L’urgenza del decreto di sequestro notificato venerdì pomeriggio dagli agenti del Corpo Forestale è legata al fatto che i tagli avrebbero dovuto riprendere il 16 dicembre, mentre così sono stati congelati, almeno sugli ulivi oggetto degli ultimi provvedimenti del commissario Silletti. «Non è escluso - ha ribadito il procuratore - che se è necessario ne richiederemo altri su ulteriori piante».