Il piano di riordino della Regione costringe le piccole realtà a chiudere i battenti: secondo le direttive del Ministero non sopravvivono quelle che non superano i 6mila accessi all’anno
Ancora tagli e chiusure. Il piano di riordino pugliese sembra una riserva infinita di brutte sorprese. Non bastavano gli oltre 20 ospedali e più di 2mila posti letto già spariti durante le giunte guidate da Nichi Vendola, a cui si sono aggiunti gli 8 ospedali da chiudere sotto la presidenza di Michele Emiliano. Questa volta la scure cadrà su 24 piccoli ospedali e una trentina di reparti giudicati in eccedenza.
Le novità sono emerse nel corso dell'ultimo incontro che si è tenuto il 26 luglio sul tema del piano di riordino fra i ministeri dell'Economia e della Salute e la Regione. In quella sede l'assessorato regionale ha incassato parere positivo sulla bozza di piano presentata ai tavoli tecnici. Da Roma è arrivato l'ok per la riorganizzazione del sistema di emergenza-urgenza, della dotazione di posti letto, del numero di Dea (dipartimenti di emergenza urgenza e accettazione) di primo livello (15 in tutta la Puglia) e di secondo livello (cinque in totale).
Ma da quell'incontro non era emerso che i ministeri hanno chiesto alla Regione di intervenire sui punti di primo intervento che non effettuano più di 6mila accessi all'anno. Il direttore di dipartimento Salute della Regione, Giovanni Gorgoni, aveva anticipato i nuovi tagli, nel corso di una audizione in commissione regionale, senza specificare però i modi e i tempi. Ora da Roma arriva un vero e proprio diktat: i punti di primo intervento sotto i 6mila accessi dovranno essere chiusi e riconvertiti in postazioni del 118.
Attualmente in Puglia ci sono 30 punti di primo intervento. Di questi, 24 non superano la cifra dei 6mila accessi. Gran parte si trovano in provincia di Bari: è il caso degli ospedali di Conversano, Casamassima, Bitonto, Polignano a Mare, Mola di Bari e Gioia del Colle. I tagli arrivano anche in Valle d'Itria con le chiusure di Locorotondo, Alberobello e Cisternino. A questi si aggiungono alcuni ospedali salentini e foggiani. Queste strutture dovranno essere riconvertite entro il 2017. Per la Regione su questo punto non sembrano esserci molte via d'uscita, visto che si tratta di obblighi prescritti nel decreto ministeriale 70, il regolamento che riorganizza tutta l'assistenza ospedaliera in Italia. Quel decreto stabilisce che i punti di primo intervento sono delle entità transitorie destinate a sparire.
Nella maggior parte dei casi le strutture destinate a sparire sono dei poliambulatori che al loro interno contengono decine di medici e infermieri. Queste strutture sono presidi per i singoli territori, ma risultano sottoutilizzati. Alla base delle chiusure ci sono motivi di salute (le strutture che effettuano poche prestazioni non garantiscono elevati standard di sicurezza per i pazienti), ma anche precise scelte economiche. Un solo esempio su tutti: nel punto di primo intervento di Minervino Murge si registrano 1500 accessi l'anno, praticamente poco più di 3 pazienti al giorno. Eppure nella struttura ci sono 5 medici e altrettanti infermieri. Per tenere aperto questo piccolo ospedale si spendono più di 800mila euro l'anno. Risorse e personale che, secondo i piani previsti dalla Regione, saranno utilizzati per rafforzare ospedali più grandi e in difficoltà a causa della carenza di camici bianchi.
Detto questo, ci sono anche strutture che si salvano dalla nuova scure ministeriale: sono i sei ospedali che superano i 6mila accessi l'anno come Mesagne (8500 accessi) e Vico del Gargano (7100). È ancora presto invece per conoscere il destino degli altri 8 ospedali riconvertiti dalla giunta Emiliano (Triggiano, Terlizzi, Mesagne, San Pietro Vernotico, Fasano, Grottaglie, Canosa e Trani) in punti di primo intervento. I nuovi tagli però sono destinati a creare molte polemiche a livello locale, non fosse altro perché sono previste altre chiusure nei prossimi mesi.
È il caso di 34 reparti di cardiologia, chirurgia generale, neurochirurgia e pneumologia giudicati in eccesso
dal ministero rispetto al bacino di utenza servito. Tra pubblico e privato, attualmente ci sono in Puglia 37 reparti di cardiologia, ma secondo prescrizioni ministeriali potremmo averne al massimo 27. Stesso discorso per le altre specialità. Su questi tagli la Regione è pronta a mediare con il ministero, provando a ridurre il numero di reparti da tagliare. Tutte le altre novità saranno invece recepite in una delibera regionale che dovrebbe essere approvata entro settembre.