La donna denuncia prima il suo ex e poi, quando le foto ricompaiono ancora su facebook, anche il fondatore di facebook
Prima ha denunciato il suo ex compagno, che aveva creato su Facebook un profilo falso inserendo foto che la ritraevano nuda, poi, quando ha scoperto che - nonostante il processo in corso - il profilo era stato riattivato con l'inserimento di altre foto hard, una donna salentina ha sporto querela contro il fondatore del social network, Mark Zuckerberg, e la sua azienda.
La vicenda ha avuto origine nel 2014, dopo la fine della relazione tra una giovane della provincia di Lecce e un uomo di Pompei. Un addio mal digerito da quest'ultimo, che per vendetta ha creato un falso profilo, attribuendolo all'ex fidanzata con tanto di nome e paese di residenza, e ha caricato online alcune foto che la ritraevano nuda. Immagini "dallo spiccato contenuto pornografico", come ha ritenuto la Procura di Lecce. Che - dopo la denuncia dell'avvocato Giancarlo Sparascio - ha disposto la citazione a giudizio di V.V.
Nel processo aperto il 14 novembre, però, l'ansia di giustizia della donna salentina (costituita parte civile) si è infranta contro l'ordinanza con cui il tribunale ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, rinviando tutti gli atti alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Trattandosi di reati commessi tramite Internet, il giudice ha ritenuto che la sede competente a giudicarli non sia individuata in base al luogo in cui è stata presentata la denuncia ma in base a quello in cui è stato commesso il reato. Nel caso specifico, si desume che le fotografie siano state caricate online nel luogo di residenza dell'uomo, quindi a Pompei, per cui risulta competente la Procura campana, che dovrà ora disporre una nuova citazione a giudizio
Con ulteriore allungamento dei tempi e anche un aggravio delle spese che la vittima dovrà sostenere per costituirsi parte civile nell'ambito di un processo a centinaia di chilometri da Lecce. Proprio lì, del resto, potrebbe svolgersi l'indagine finalizzata a chiarire le responsabilità di Zuckerberg e della sua azienda nella creazione del secondo profilo fasullo, dopo che il primo era stato rimosso su input dell'autorità giudiziaria.
Secondo l’avvocato della donna - che ha recentemente depositato una integrazione di querela - il gestore di Facebook avrebbe tenuto "condotte omissive, non individuando un metodo che consenta di identificare con certezza le persone che aprono dei profili e la corrispondenza tra il profilo e il nome". In tal modo - sempre secondo il legale - il colosso dei social avrebbe contribuito a diffondere illegalmente le foto pornografiche di una donna inconsapevole.
(fonte: rete)