lunedì 25 novembre 2024


03/02/2017 16:20:07 - Salento - Attualità

Nella provincia di Taranto, in attesa del nuovo San Cataldo, non si muoverà foglia se non in senso di rafforzamento, con l’implementazione dei nuovi reparti previsti al Moscati per rinforzare oncologia, ematologia e assistenza pediatrica

Il Piano di riordino ospedaliero passa alla fase operativa. E, sorpresa, tagli e accorpamenti saranno meno pesanti (e meno veloci) di quanto contenuto nel documento approvato dai ministeri. A partire proprio dal «Di Venere» di Bari, che è stato al centro delle critiche più dure da parte del centrodestra e dei grillini: non ci sarà la chiusura del reparto di neurochirurgia, e probabilmente nemmeno quella dell’emodinamica.
Il presidente Michele Emiliano, del resto, lo aveva detto nel corso dell’ultima seduta della commissione Salute dedicata alle prospettive del sistema sanitario: «Il Piano di riordino non è immutabile, ma ci rimetteremo le mani ogni volta che sarà necessario e ogni volta che sarà possibile». È il caso, appunto, del «Di Venere», dove le ulteriori verifiche effettuate dal capo dipartimento Giancarlo Ruscitti hanno fatto emergere la possibilità di salvare la neurochirurgia: questo perché a Bari città sarebbe rimasto il solo Policlinico (insieme a una struttura privata) a far fronte al carico delle emergenze, in primis dei traumi da incidente stradale.
Ma in un Piano che prevede la chiusura con riconversione di 8 ospedali (Triggiano, Terlizzi, Canosa, Trani, Grottaglie, S. Pietro Vernotico, Mesagne e Fasano) e la riclassificazione in ospedali di base di numerose altre strutture è importante anche la variabile tempo. «Le disattivazioni avranno tempi abbastanza lunghi e non ci saranno ripercussioni sui primari, le cui funzioni andranno a esaurimento», aveva detto Emiliano anche per placare le proteste di una categoria che - tanto per dirne una - ha provocato l’incidente del «no» in commissione del consigliere Paolo Campo (Pd). Ma, anche qui, disattivazioni e riorganizzazioni devono andare di pari passo sia con lo sviluppo delle infrastrutture sia con le assunzioni, perché in molti casi le chiusure di reparti implicano il trasferimento dei posti letto e non la loro cancellazione.
E dunque in Puglia ci saranno due situazioni agli antipodi. Quella di Taranto, dove in attesa del nuovo San Cataldo non si muoverà foglia se non in senso di rafforzamento, con l’implementazione dei nuovi reparti previsti al Moscati per rinforzare oncologia, ematologia e assistenza pediatrica. E quella di Brindisi, dove invece il riordino avrà tempi più brevi perché c’è un surplus di posti letto che deve essere riassorbito senza ricollocazioni. Tuttavia - si fa notare dalla Regione - la riconversione di San Pietro Vernotico e Mesagne non significa l’eliminazione del presidio sanitario, ma andrà di pari passo con l’attivazione di servizi territoriali e con il mantenimento di quelle strutture (ad esempio il punto prelievi) che garantiscono la maggior parte delle necessità dei cittadini.
È Bari, comunque, che con il salvataggio della neurochirurgia del «Di Venere» incassa per ora il risultato più immediato. Ma a Piano già definito, comunque, era saltata fuori anche la novità del nuovo polo pediatrico, con la trasformazione del «Giovanni XXIII» in azienda autonoma (oggi dipende dal Policlinico). Su questo punto la Regione è intenzionata ad accelerare, chiamando al tavolo l’Università di Bari per stipulare la convenzione che garantirà le attuali attività di ricerca.










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