Una vasta area rurale (una quarantina di ettari) di Oria assomiglia sempre più a un cimitero di ulivi
Xylella Fastidiosa, Oria come Gallipoli. Una vasta area rurale (una quarantina di ettari) del comune brindisino assomiglia sempre più a un cimitero di ulivi, così come accade nelle campagne della nota località balneare leccese. In entrambe le zone la situazione è irreversibile. A Oria il clima è pesante: rabbia e rammarico si mescolano. Il fronte degli irriducibili, di coloro i quali si sono opposti in ogni modo agli sradicamenti, registrerebbe qualche crepa: alcuni di loro, infatti, si sarebbero pentiti di avere depositato ricorsi, ammettendo che nel tempo trascorso la batteriosi è avanzata a ritmi frenetici portando fuori controllo la situazione.
«Ho avuto occasione di vedere con i miei occhi i focolai di Oria, moltissimi gli ulivi in gravi condizioni. Un’area estesa è trasformata in un mezzo cimitero, la situazione è analoga rispetto a quella di Gallipoli», afferma Giovanni Martelli, professore emerito di Patologia vegetale alla facoltà di Agraria dell’università di Bari, ritenuto uno dei massimi esperti di Xylella Fastidiosa in campo nazionale.
«Quanto accade a Oria - dichiara - rappresenta la conseguenza diretta della mancata applicazione delle misure previste dal piano Silletti, ex commissario delegato per l’emergenza». Il docente universitario passa quindi ad esaminare le cause del primo focolaio negli uliveti del comune brindisino: «La sputacchina, l’insetto vettore della batteriosi, non può avere compiuto un salto così lungo, dal fronte dell’infezione, all’epoca a 45 chilometri più a Sud. Pertanto, la cicalina è stata trasportata a bordo di trattori o camion o auto. Non è escluso che possa essersi attaccata agli indumenti di un uomo che ha veicolato l’insetto».
Martelli, con rammarico, sottolinea che «si doveva e si stava intervenendo sul focolaio originario di Oria, costituito da un numero modesto di piante. È, però, subentrato - dice ancora - un sequestro giudiziario. Le operazioni iniziate sono state sospese ed è stato impedito lo sradicamento delle piante infette, ciò ha comportato la diffusione della malattia. Non c’è dubbio che se si fosse intervenuti, oggi avremmo avuto la speranza di bloccare l’avanzata della patologia».
Ma c’è il rischio che la batteriosi che uccide gli ulivi arrivi nel Nord Barese e nella Bat, dove l’olivicoltura rappresenta uno dei volani economici? «Se non si farà nulla, se non si eseguirà quanto previsto dal piano Silletti, prima o poi arriverà», risponde il virologo che sottolinea la necessità di ricorrere alla chimica per combattere la sputacchina: «Sull’ulivo si eseguono due trattamenti annui: contro la tignola dei fiori e la mosca. Gli ambientalisti si oppongono all’impiego di fitofarmaci: la verità è che la mancanza di conoscenza regna sovrana, non può esistere agricoltura senza fitofarmaci. Si ricordi che perfino nel biologico si interviene con il rame che avvelena il terreno».
Martelli ripone, infine, nei «fattori anche climatici» la speranza che l’avanzata implacabile della Xylella Fastidiosa in Puglia possa rallentare.