I più letali a vescica e polmoni
Sono bastati meno di venticinque anni perché nel Leccese si raggiungessero i tristissimi livelli del nord Italia: non c’è più differenza, qui si muore di tumore come lì. Erano 1.500 i decessi nel 1990. Sono diventati 2.341 nel 2014. In quell’anno, se ne attendevano 290 in meno. Invece, sono stati tanti di più, perché Lecce ha registrato un tasso di ben 3,6 punti superiore a quello regionale.
I numeri, nudi e crudi, provengono dall’Istat e sono quelli che ieri mattina ha reso noti la Lega tumori di Lecce, in occasione della presentazione della settimana per la prevenzione oncologica, a Palazzo Adorno. Dentro quei dati, però, ci sono le storie di migliaia di famiglie, ci sono le lotte di un territorio, ci sono le politiche sanitarie da aggiustare.
Almeno su un fronte, l’arretratezza rispetto al nord ci aveva favorito: una differenza virtuosa pari al 23 per cento nella mortalità per cancro. Dal 1990 ad oggi, l’abbiamo “bruciata”. Allora in Italia si ebbero circa 148mila decessi per tumore, con un tasso grezzo per 10mila abitanti pari a 26,1. In Puglia, nello stesso anno, si registrarono 7.200 morti (tasso grezzo di 18). In provincia di Lecce andava già peggio rispetto al resto della regione: circa 1.500 decessi (tasso grezzo di 19,8).
Un ventennio dopo, il cancro ha avuto un’accelerata nel Sud: nel 2014, in Italia le morti sono state 177mila, con un tasso grezzo di 29,1 (3 punti superiore a quello del 1990). In Puglia, sono state oltre 10.300, con un tasso del 25,6, cioè 7 punti in più del ‘90. «Ma ancor più grave - spiegano da Lilt - è il dato che emerge a carico della provincia di Lecce, la quale nel 2014, con i suoi 2.341 decessi, è giunta purtroppo ad allinearsi alla media nazionale».
Di cosa si muore, soprattutto? Mentre sembra essersi finalmente invertito il trend dei decessi per tumore del polmone nei maschi, cresce anche da noi in maniera drammatica la mortalità per cancro al seno, specialmente nelle giovani donne.
Siamo un “caso” a livello nazionale per il cancro al polmone maschile, nonostante i numeri, appunto, in continua decrescita. Si tratta di «una realtà eclatante coperta ingannevolmente dai dati regionali», secondo la Lilt. Le cifre sono abnormi: 469 decessi nel 2014 (393 maschi e 76 donne, con tassi per 10mila residenti rispettivamente del 10,1 e dell’1,9), un terzo di tutta la Puglia. Così il Leccese supera, per mortalità maschile, del 26 per cento la media nazionale e del 34 per cento quella regionale. Ventiquattro anni fa, invece, il tasso era quasi simile a quello nazionale, mentre per le donne si registrava il 47 per cento in meno, oggi ridotto al 29 per cento rispetto al resto d’Italia, ma del 26 per cento in più rispetto al resto della regione.
Poi, c’è l’altra bestia nera: il tumore della vescica, per il quale pure, storicamente, la provincia ha mostrato fino al 2011, specialmente tra gli uomini, un tasso di mortalità superiore del 25 per cento rispetto alla media nazionale e del 20 per cento rispetto a quella regionale. Da allora, si è cambiato passo, si è invertita la tendenza e siamo ora superati dai cugini brindisini e tarantini.
Sono numeri che fanno il paio con i dati sull’incidenza, relativi cioè ai nuovi casi che insorgono ogni anno. L’aggiornamento del Registro tumori consentirà di avere una visione più nitida. Intanto, però, la realtà è indubbia: mentre nel resto dell’Occidente le morti stanno diminuendo, in questa provincia si registra una pericolosa controtendenza.