Gli studenti: «Dopo l’accordo stipulato dal Miur con i “grandi campioni d’alternanza” siamo andati a friggere patatine al Mc Donald’s, a sistemare indumenti a Zara, a fare fotocopie alla Banca d’Italia…»
Nei percorsi professionali bisognerebbe applicare ciò che si studia alla pratica mentre, dopo l’accordo stipulato dal Miur con le grandi aziende, l’alternanza studio-lavoro ha riguardato lo sfruttamento degli studenti che si sono trovati a fare fotocopie, friggere patatine o sistemare indumenti.
E’ la denuncia dell’Unione degli studenti che accusa: «Dalla gratuità dei percorsi alla qualità della formazione in alternanza, abbiamo tutto da ripensare e ricostruire, la vera alternanza scuola lavoro non è asservita alle logiche e agli interessi del mercato del lavoro e non si vende ai privati né ancor meno alle multinazionali: dopo l’accordo stipulato dal Miur con i “grandi campioni d’alternanza” siamo andati a friggere patatine al Mc Donald’s, a sistemare indumenti a Zara, a fare fotocopie alla Banca d’Italia. L’alternanza scuola-lavoro è una metodologia didattica che lega il saper al saper fare, l’intelligenza teorica all`intelligenza pratica, che fa davvero da ponte tra ciò che studiamo a scuola e ciò che andremo a praticare nei luoghi di lavoro».
«Questo è il primo sciopero contro l’alternanza scuola lavoro» dice Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell'Unione studenti. «Chiediamo al Ministero dell’Istruzione che fine abbia fatto lo statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola-lavoro e il codice etico per le aziende. Siamo stanchi di aspettare. Viviamo sulla nostra pelle i disagi di questo modello di alternanza scuola-lavoro, noi siamo studenti, non merce nelle mani delle aziende».
Tirocini-sfruttamento - In piazza ci sono stati anche gli universitari per denunciare i mali dei tirocini-fruttamento.
«Siamo stanchi di vedere i nostri percorsi di studi degradati a manodopera a basso costo per enti, privati e imprese - spiega Andrea Torti, coordinatore nazionale di Link Coordinamento universitario -. Con la campagna Formazione precaria abbiamo lanciato un’inchiesta, con lo scopo di portare alla luce lo sfruttamento nei percorsi accademici».
Le richieste degli studenti - Servono maggiori risorse per istruzione e ricerca, dice Martina Carpani, coordinatrice nazionale di Rete della conoscenza, che aggiunge: «La scuola e l’università non devono essere asservite al profitto degli sfruttatori, semmai devono cambiare il mondo del lavoro. L’istruzione deve essere garantita a tutti abolendo il numero chiuso all'università e istituendo il reddito di formazione universale».
L’innovatività di questa forma di sciopero però è caratterizzata dalla capacità di adattare la volontà di interrompere la produzione di valore con alcune altre:
- La volontà di ripresa dello spazio pubblico;
- La volontà di costruzione di alleanze paradigmatiche per mettere in luce tutta la catena dello sfruttamento e del lavoro gratuito di cui l’alternanza scuola-lavoro è solo l’ultimo anello;
- La volontà di costruire potenza collettiva attraverso la pratica di sciopero, immaginando forme di “sciopero alla rovescia” pomeridiane da cui scaturisce la potenza creativa di studentesse e studenti che non vogliono costruire uno sciopero statico, ma profondamente politico, che contrapponga al profitto l’idea di una produzione a scopo sociale e collettivo;
- La rivendicazione di diritti: uno statuto delle studentesse e degli studenti in alternanza, un codice etico per escludere le aziende colluse con la mafia o con reati ambientali di poter praticare alternanza, ma soprattutto la rivendicazione della liberazione del tempo con un’idea nuova di rapporto formazione/lavoro;
- La volontà di esprimere una visione politica su condizioni generazionali e generali di cui l’alternanza è solo un frammento e su cui non è più possibile nè aspettare, nè farsi abbindolare dalla guerra tra poveri o tra generazioni (pensionati/giovani, garantiti/non garantiti);
- La volontà – nell’era del mercato digitale – di utilizzare strumenti nuovi per contrastare la messa a profitto degli studenti in alternanza come l’attacco alla web reputation delle aziende, sperimentato da studentesse e studenti sull’evento delle “Luci d’Artista” a Salerno.
«L’economia della promessa – l’idea per cui devi “accumulare esperienza” perchè poi, forse, ti tengono in azienda – abbassa ancor di più la propria età anagrafica: fin dai 17 anni hai l’esatta percezione che ti abbiano rubato sogni e futuro ancor prima di quanto potessimo immaginare qualche anno fa» sostengono gli studenti.
«Invece le statistiche fanno ben vedere che il problema sia altro: mentre ci riempiono la testa di frottole su quanto siamo inadatti per avere un lavoro decente, mentre ci spingono a fare in fretta perchè bisogna iniziare a lavorare – pena essere chiamati fannulloni – il nostro Paese resta agli ultimi posti per numero di laureati ed ai primi per lavoro povero. Tant’è che, secondo l’OCSE, trovano più occupazione in Italia gli studenti con diploma professionale che i laureati, mentre nella maggioranza dei Paesi europei i laureati hanno maggiori opportunità lavorative e una condizione di lavoro migliore. Per questa ragione ci troviamo di fronte alla beffa: strumentalizzare a fini di mercato le rivendicazioni storiche di studentesse e studenti per una didattica più innovativa e orientata al saper fare, la necessità di una scuola e diuna università non ferme nell’acquisizione solo di conoscenze mnemoniche, ma anche di capacitazioni. E’, infatti, così anche nell’università, con i tirocini curriculari, su cui è partita un’inchiesta nazionale chiamata “Formazione Precaria” che attraverserà la giornata dello sciopero del 13 ottobre. Oggi infatti sulla retorica della formazione che deve coniugare al sapere il saper fare, si consumano veri e propri rapporti di sfruttamento a danni di studenti e studentesse.
Inoltre con un riferimento legislativo nazionale e regionale scarso e debole, si manifestano vuoti normativi che stravolgono la valenza formativa del tirocinio e l’assenza di uno Statuto dei diritti erode e indebolisce ancor di più la nostra possibilità di tutela di fronte ad abusi di ogni genere.
Il tirocinio infatti ha progressivamente acquisito i connotati di uno strumento a disposizione delle aziende e delle istituzioni per ridurre il costo del lavoro. I tirocinanti in questo contesto costituiscono una forza lavoro a basso prezzo, in alcuni casi impiegata in mansioni di basso livello (come portare i caffè o fare fotocopie) con scarsi contenuti formativi che sostituisce veri lavoratori. L’uso distorsivo e perverso del tirocinio, si inserisce in un contesto di svilimento della formazione che vede le Università trasformarsi in perfette incubatrici di sfruttamento e addestramento utili a creare esercito di riserva per il mercato che crea profitto utilizzando manodopera fortemente subalterna e carente di tutele».