Good luck Sud-Salento
Volendo quasi con continuità proseguire le tematiche trattate col precedente articolo e con un particolare approfondimento sulla innovazione tecnologica più virtuale che reale, tenete presente che a Leuca, volano turistico del Sud-Salento, non esiste la ADSL, solo per dirne una tra mille, e per questo molti operatori turistici hanno delle difficoltà anche competitive. Sentire poi solo la parola “innovazione tecnologica” è motivo di gratuita provocazione qui nel Sud-Salento e mi rivolgo ai due brillanti ingegneri di Salve che forse si sono risentiti per le critiche: purtroppo l’evidenza è un macigno pesante che fa male a tutto il popolo salentino. E non parliamo della pressione fiscale in un territorio depresso.
Si è affacciato da tempo un nuovo modo di fare impresa.
Da tempo le società verticalizzate lasciando inalterato il core business si sono trasformate o ritrasformate attraverso la esternalizzazioni (outsourcing) di alcuni settori propri, talvolta trasformando i cosiddetti “esuberi” in imprenditori, nel caso delle Università i propri ricercatori in “neo imprenditori” .
Nuove terminologie filo-anglosassoni si sono affermate; vi è la necessità di estendere i confini del mondo e il linguaggio li pone: in house, spin-off, re location, ecc. ecc.
Nuove forme imprenditoriali che gravitano intorno all’esternalizzazione, termine che rappresenta diversi significati, ma potrebbe ricondursi sinteticamente ad uno, ovvero portare fuori qualcosa da qualcos’altro (Azienda Madre, Amministrazione, Università), ricreare una nuova entità giuridica-imprenditoriale, di fatto una impresa, per ottenere vantaggi di diversa natura, anche (…o sopratutto) sociali e assistenzialistici e lontani da una spiccata cultura industriale in senso moderno.
Non esistono garanzie.
Le perplessità nascono quando si pensa che la conoscenza che nasce nelle Università, che, poiché enti pubblici, dovrebbe essere di tutti, anche perché la conoscenza accresce (Know out) attraverso strumenti, strutture e altro prettamente pubblico. Parliamo di Università Pubbliche è ovvio.
Ma quando un gruppo di ricercatori nelle Università pubbliche scopre o inventa qualcosa è accettabile che tale conoscenza venga brevettata e in nome di questa, sfruttando evidentemente le leggi o i decreti legislativi in questo senso, si creino delle Srl (Società private con scopo di lucro dette anche Spin-off) sostenute socialmente da finanziamenti che rappresentano una sorta di fase incubatrice, sperando che poi decollino con le proprie gambe? Ciò può essere definita imprenditorialità o neo-imprenditorialità senza incappare in evidenti paradossi? Tradendo magari dipendenze di tipo Baronale.
Se non si è capito in diritto societario, uno spin-off universitario è una società di capitali sorta dall’idea di dare una ricaduta aziendale e produttiva ad un’idea nata dal contesto della ricerca tecnologica universitaria.
Lungi da me assumere un atteggiamento sfiducioso di fronte all’innovazione tecnologica, non è il caso, purtroppo viviamo un momento storico senza precedenti e bisogna interrogarsi continuamente per correggere erronee inclinazioni o facili trionfalismi che potrebbero non tardare nel presentare il conto alle menti meno oculate come la mia….
Spesso in passato si è investito in innovazione, ma altrettanto spesso non si è stati in grado di valorizzare tale innovazione, anche tramutando le conoscenze e le esperienze in risorse economiche.
Continuo a porvi questa domanda: vedete i pannelli fotovoltaici sulle nostre case, in Sud-Salento? No! Bene, conseguenza deduttiva vuole: se l’innovazione tecnologica non posso goderla o farne uso, ma può goderla solo una fascia ristrettissima della popolazione (discriminazione tecnologica o digital device), quella che non ha problemi economici per pagare bollette Enel da 300 euro bimestre, qualcosa non quadra. Questo è logica.
Qualcuno mi ha quasi insultato per aver sfiorato nervi evidentemente scoperti e legati ai finanziamenti pubblici e l’innovazione tecnologica in Sud-Salento, ripeto in Sud-Salento dove si pubblicizzano master universitari inutili sui fotovoltaici in un territorio che non ne favorisce lo sviluppo e le applicazioni. In un territorio bisognoso ancora di cose fondamentali come il lavoro o le strade per esempio…
D’altra parte la Comunità Europea, con la sua filosofia, frammenta la politica generale, la politica economica, la politica sociale in azioni e misure ciascuna con una massa critica sempre insufficiente a determinare un risultato significativo. Il porto di Leuca e la anomalia della società mista a maggioranza privata che lo controlla ne è un esempio...disastrato. Arrivare alla fine dell’idea sostenuta e al suo costante mantenimento, impossibile senza la collaborazione e compartecipazione e responsabilizzazione di una base più larga della popolazione. Si vede costantemente. Qui facciamo ancora fatica ad usare il computer !
Qualcuno degli addetti al lavoro ha detto: non bisogna passare dallo spin-off caldo allo spin off-freddo ma bisogna passare dallo spin off tout court, allo spin off con lo spin-in. Cioè si deve passare da una politica sociale a una politica industriale. Ciò significa che se si deve ragionare, soprattutto con le grandi imprese, in termini di spin-off, bisogna ragionare anche in termini di spin-in.
La domanda alla quale vorremmo rispondere diventa: si può parlare di cultura industriale, di cultura imprenditoriale attraverso strumenti e strutture pubbliche nonché finanziamenti pubblici? Forse nel dibattito che potrebbe porre in essere una simile domanda potrebbe far capolino e delinearsi il tallone di Achille mimetizzato di questa new-economy.
Good luck Sud-Salento
Walter Petese