Il 40 % non reputa rischioso il consumo di marijuana, il 35% il sesso non protetto
Il 26,85 degli adolescenti leccesi fa uso occasionale di marijuana. Il 5,36% abusa di alcolici ed il 45,15% lo fa occasionalmente. Il 22% fuma regolarmente sigarette, ed il 14% assume abitualmente comportamenti sessuali non protetti, il 20,82% lo fa occasionalmente.
Emerge un quadro veramente poco rassicurante dei giovani leccesi, tra i 15 e 17 anni, dallo studio effettuato dai ricercatori Claudia Venuleo e Piergiorgio Mossi, dell’università del Salento (lo studio sarà pubblicato integralmente su Rapporto sul Salento, ed è curato dal professore Fabio Pollice).
L’approfondimento valuta i comportamenti a rischio tra i giovani leccesi, in particolare per quanto concerne i profili sociali e culturali. Gli studiosi hanno considerato un campione di 391 giovani, iscritti al terzo e quarto anno in 5 scuole superiori della città. In particolare è stato analizzato il rapporto che intercorre tra valutazione del rischio, per come è percepito dai ragazzi esaminati, e varie dimensioni psicosociali: supporto sociale; modelli culturali di interpretazione dell’ambiente sociale; approvazione del rischio da parte dei pari, (cioè si è chiesto ai ragazzi quanto i loro amici approverebbero un particolare comportamento a rischio del ragazzo esaminato come campione); pratiche familiari (trasparenza nella comunicazione genitori figli, norme, supervisione parentale).
Il 52,96% dei ragazzi considerano basso il rischio legato all’alcol, il 52,55% considera basso il rischio legato alla guida pericolosa, il 34,69% non considera rischioso avere rapporti sessuali non protetti, il 37,95% non considera un rischio la marijuana ed il 44,22% non considera rischioso il fumo. La bassa valutazione del rischio risulta in rapporto con un profondo senso di sfiducia nei confronti del Paese Italia in generale, così come nei confronti delle strutture sociali e sanitarie. In sostanza, alimentare nei ragazzi il senso di affidabilità, di fiducia nelle istituzioni, nella scuola, nel Paese consente loro di sviluppare una maggiore consapevolezza dei comportamenti pericolosi, sostenendo condotte più responsabili.
Lo studio ha classificato un gruppo di studenti a basso rischio, che dichiarano di non aver mai assunto comportamenti target pericolosi ed un gruppo di studenti ad alto rischio, che hanno ammesso di averne assunti, occasionalmente o spesso. I ragazzi ad alto rischio oltre a non considerare pericolosi determinati eccessi, sono caratterizzati dunque da un profondo senso di sfiducia nei confronti dell’ambiente macro-sociale in cui vivono e si sentono legittimati dall’approvazione che ritengono di trovare nel proprio gruppo di amici.
Considerano scarsa la qualità della comunicazione con i genitori, percepiscono come carente la supervisione parentale e manifestano l’assenza o la carenza di regole familiari rigide. Un contesto poco supportivo o disattento li destabilizza.
Il sentimento di sfiducia sociale indurrebbe una minore identificazione con i valori suggeriti da quella società delegittimata dalla scarsa considerazione. La sfiducia nelle autorità, nelle istituzioni, così come nella scuola, nella sanità, nelle forze dell’ordine rappresenterebbe quel terreno fertile di crescita di quei comportamenti che mettono a serio rischio la salute. Non avendo fiducia nella società non credono nei valori, nelle norme, nello stile di vita che la stessa società propone ed assumono con maggiore probabilità comportamenti rischiosi (Siegrist, Gutscher, & Earle, 2005, riportati dallo studio). «Al contrario – si legge sempre nello studio di Venuleo e Mossi - la fiducia per l’ambiente macro-sociale sembra agire in termini di fattore protettivo rispetto all’assunzione del rischio, tendenzialmente non assunto. È plausibile che l’identificazione con il proprio ambiente di riferimento porti a rifiutare comportamenti poco compatibili con le valutazioni istituzionali di ciò che è giusto o sbagliato (Manton, Pennay & Savic, 2014), e sostenga la committenza sulle indicazioni e raccomandazioni sulla salute fornite da professionisti e istituzioni».
Una possibile chiave di lettura del tacito grido di dolore, rivelato ancora una volta dal disagio degli adolescenti leccesi, sono dunque forse la mancanza di regole, di rigore, di troppa ed ancora non gestibile libertà, la carente qualità delle relazioni, la mancanza di guide efficaci.
Emerge nuovamente quanto incida negativamente nel tessuto sociale la mancanza di fiducia nei confronti dell’autorità, siano forze dell’ordine, politici, professori, medici. La delegittimazione diffusa sembra contribuire a non far distinguere più il bene dal male, il buono dal cattivo. Facendo di tutta un’erba un fascio si alimenterebbe quel senso di insicurezza che provoca la non adesione valoriale condivisa, causando profonde lacerazioni del tessuto sociale.