Chiedono al sindaco Melucci di convocare un Consiglio comunale monotematico
«Noi genitori, accomunati da un infelice destino, soffriamo spesso la mancanza di un nome che ci possa identificare, che possa descrivere le nostre avversità mantenendo la dignità che ognuno di noi, madri e padri, merita. Per molti di noi, infatti, essere definiti come “quelli che ha perso un figlio” è causa di forte disagio.
Pertanto, noi genitori che insieme, l’uno accanto all’altro, abbiamo marciato silenziosamente alla fiaccolata del 25 febbraio, ci identifichiamo con il nome “Niobe” e costituiamo il “Comitato Niobe”. Intendiamo immediatamente metterci al lavoro chiedendo al sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, di partecipare al vertice istituzionale indetto il prossimo venerdì sulle tematiche ambientali e di istituire, quanto prima, un consiglio comunale monotematico ed “aperto” a tutti.
Riteniamo che la nostra esperienza già acquisita, come genitori del “Niobe”, possa essere un collante per rinsaldare le spaccature create in questi anni dai conflitti sociali che vive questa città, nonché, possa essere un fulcro su cui possano fondare progetti concreti con una programmazione di ricrescita culturale di una comunità che necessita di dialogo e serenità d'animo negli intenti. La buona volontà non basta.
Il nome del nostro comitato affonda le radici nella mitologia; il mito, largamente trattato in letteratura, è riconducibile alla poetica ovidiana de “Le Metamorfosi”. Figura mitologica per antonomasia della perdita che ci caratterizza, racconta la storia di una madre, Niobe appunto, che si vede sterminare i suoi quattordici figli, sette maschi e sette femmine, colpevole solo di aver affermato di essere più fertile di Leto, madre di Apollo e Artemide. Il mito vuole che, avendo compreso il proprio errore, Niobe venga tramutata in un blocco di marmo e, continuando a versare lacrime, dia vita ad una sorgente.
Noi, allo stesso modo, ci siamo visti portar via quanto di più caro avessimo mai avuto al mondo, impotenti e in preda ad un becero quanto infame destino.
La nostra superbia è stata quella di credere di essere esenti da questi mali, di essere superiori ad ogni tipo di dramma o di malattia, di pensare che le cose brutte possano accadere solo agli altri. Ma l'analogia che ci ha persuaso molto nella scelta del nome è sicuramente il fatto che, così come Niobe diede vita ad una sorgente, noi ci impegneremo affinché la gente possa prendere coscienza dei propri errori e delle proprie leggerezze, a far comprendere che chiunque può ritrovarsi, in un futuro più o meno prossimo, a vivere lo stesso calvario passato da Giorgio, Syria, Lollo, Alessandro, Rebecca, Roberta, Mario Pio, Miriam, Fabiola e da ogni altro bambino che, senza colpa alcuna, ci ha lasciato troppo presto, lasciando un vuoto incommensurabile nei cuori di tutti noi».
Comitato Niobe