Ottimi piazzamenti anche per Anastasia Bisci, Elisa Morrone e Chiara Saracino
Con questo spirito le Olimpiadi di filosofia sono arrivate, per l’attuale anno scolastico, alla loro XXVII edizione, promossa dalla Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e per la valutazione del sistema nazionale di istruzione del MIUR, con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la Società Filosofica Italiana, la Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO, la Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, Rai Cultura, l'Università degli Studi Roma Tre, l'Associazione di promozione sociale Philolympia.
Anche quest’anno gli studenti del liceo De Sanctis Galilei di Manduria hanno deciso di accettare la sfida, mettendo in ballo le proprie conoscenze e le proprie abilità, confrontandosi in una durissima selezione: una gara d’istituto, supportata dalle lezioni preparatorie dei professori D’Elia, Rizzo e Gaudio, che ha avuto luogo il 12 febbraio; una gara regionale, svoltasi il 28 marzo scorso presso il liceo “Salvemini” di Bari, che ha visto il confronto con gli studenti provenienti da tutto il territorio pugliese.
La gara ha richiesto l’elaborazione di un saggio filosofico, scritto in lingua italiana (Sezione A) o in lingua straniera (Sezione B, inerente a quattro ambiti semantici differenti: ambito gnoseologico, estetico, eticopolitico, teoretico.
I risultati riportati hanno conferito giudizi lusinghieri per gli allievi partecipanti del liceo manduriano: per la sezione in lingua italiana si è distinta, in particolare, la studentessa Adriana Amato, che meritando il primo posto tra i concorrenti della provincia di Taranto, sì è poi aggiudicata il quinto posto nelle graduatoria regionale; una buona performance in lingua madre anche quella dell’allieva Anastasia Bisci, settima nel collocamento provinciale e ventiquattresima nell’elenco di merito regionale; infine ancora plausi per la sezione in lingua straniera, inglese, in cui le studentesse Elisa Morrone e Chiara Saracino hanno registrato un apprezzabile ex aequo, collocandosi entrambe al settimo posto su base regionale.
Segue l’intervista all’allieva del quinto anno dell’indirizzo classico del liceo, Adriana Amato, alla quale, alla luce del brillante risultato conseguito nella competizione regionale, sono state rivolte alcune domande per cogliere il “segreto” del suo successo.
Perché studiare filosofia nell’era della cibernetica e della robotica?
«Che Norbert Wiener, riconosciuto padre della cibernetica moderna, prima di essere un matematico, abbia conseguito un dottorato in filosofia, la dice lunga. La cibernetica e la robotica sono scienze che, nel loro sviluppo, necessitano di essere regolamentate, e la loro regolamentazione non prescinde dalla mera tecnica, ma dall’etica, esercizio essenziale della filosofia. Un medesimo strumento, infatti, potenzialmente soddisfa molteplici funzionalità, ma il suo valore corrisponde all’uso che se ne fa: lo stesso bisturi in una rissa può togliere una vita, come può salvarne un’altra in sala operatoria; in cima ai come e ai perché impera e si interroga la filosofia. Pertanto, si parlerà di “filosofia della cibernetica e della robotica”, e non soltanto di “cibernetica e robotica”, come si parla di filosofia del diritto e non solo, tecnicamente, si applica la legge. La filosofia, in questo rapporto con la cibernetica e la robotica, deve dunque assumere un ruolo simile a quello del Demiurgo immaginato da Platone; deve essere l’intermediario tra l’uomo e la macchina, come il Demiurgo lo è tra le idee e la materia. È necessario, inoltre, svincolarsi dall’idea che la filosofia non sia una scienza del concreto: «Il marinaio, che una esatta osservazione della longitudine preserva dal naufragio, deve la vita a una teoria concepita duemila anni prima da uomini di genio che avevano mira semplici speculazioni geometriche» sarà la riflessione di Condorcet e, di certo, Pitagora, Ipazia, Pascal, Cartesio, Galileo Galilei e tanti altri filosofi – matematici come loro - sarebbero d’accordo».
Hai una tua “filosofia” di vita?
«Essere il cambiamento che voglio nel mondo, lavorare ed allenarmi per esserlo. La felicità e il successo sono il costante realizzarsi di emozioni e desideri a cui a volte è difficile dar voce, ma che, una volta ascoltati, portano a grandi soddisfazioni. La mia filosofia di vita è cercare il bello che c’è nel mondo, negli altri, in se stessi, innamorarsene e difenderlo. La realtà è un riflesso della mente: a dei pensieri positivi corrisponderà una realtà positiva!».
Quale consigli daresti ad uno studente che, come te, volesse impegnarsi nello studio della “scienza del pensiero” o, ancora, volesse mettersi alla prova in competizioni extrascolastiche come le “Olimpiadi di filosofia”?
«Aristotele – e non solo - direbbe che l’uomo è tale perché pensa, e che nessuno può sottrarsi alla filosofia perché “pur mentre si pensa di non dover filosofare, si sta filosofando”. Chiunque vuole impegnarsi nello studio della scienza del pensiero, fa un passettino in più rispetto al suo ordinario e naturale essere nel mondo: fa spazio ai pensieri degli altri, oltre che solo ai propri; quindi il mio consiglio è quello di ascoltare ciò che dicono gli altri attentamente, presentandosi davanti a se stessi pronti al confronto, al disaccordo, e abbandonando il pregiudizio: quando si parla, infatti, ci si limita a ripetere qualcosa che già si sa, l’ascolto invece è sempre un’occasione per imparare qualcos’altro. Si dovrebbe, credo, studiare Kant, Heidegger o Spinoza, parlandoci come si discuterebbe di qualcosa con il proprio compagno di banco, con un conoscente, con un amico, o con qualcuno con cui litigare: “Ma che stai dicendo? Sembri matto!” “Vero, potresti avere ragione, non ci avevo pensato.” “Hai torto marcio!”. Bisogna, quindi, rendere umani quei personaggi in genere presentatici a scuola, imprigionati nel mito, nella storia, nella distanza spazio temporale che da loro ci separa; le Olimpiadi di filosofia si propongono di fare proprio questo: alimentare il pensiero, garantire il confronto, farsi domande. Chiunque volesse mettersi alla prova in una competizione come questa dovrebbe dare le proprie risorse intellettuali in pasto al tarlo della curiosità, cercare di sfamarlo, senza mai appagarlo, e divertirsi. Soprattutto divertirsi».