«Al sig. Stano sarà dato onore solo quando la sua morte sarà servita a qualcosa, anche solo risvegliare una collettività dal torpore sul bene comune»
«Leggo in questi giorni su diversi social commenti di gente che rifiuta l’idea di prendere parte ad un raduno collettivo che manifesti l’indignazione dei Manduriani per quanto accaduto, avanzando ragioni risibili di tardività/inefficacia/ignavia e così via. Mi chiedo che significato può avere questa paradossale esibizione del non mostrarsi, questo puntiglio con cui si rivendica la propria presunta superiorità morale su chi vuole solo affermare, presenziando, che “non ci sta!”. A me pare invece che, paradossalmente, in questo gesto sia ancora una forma di ripicca per una città che si ritiene non aver dato nulla al proprio, se non forti dispiaceri. E non è forse proprio questo l’egoismo che si dovrebbe combattere? Quello che porta dei ragazzi a compiere gesta da disgraziati per svoltare la serata? Quello che la “condivisione” è solo quella su whatsapp, serve solo ad esibire la bravata a danno dei più deboli?
L'indignazione dunque non deve essere manifestata, perchè Manduria è un paese di mafiosi e bifolchi, ignoranti e violenti e merita ciò che ha. È dunque giusto che Manduria sia marchiata? Se lo merita proprio? A questo è valso il sacrificio di quel pover'uomo? A far prevalere ancora una volta il proprio egoismo, la propria individualità la propria indifferenza ad una sensibilità che muove, seppure in ritardo, un intero paese?
Pensateci. È proprio questo che si afferma non partecipando ad una manifestazione generale.
Preservare dalla feròcia è anche dare esempio ai nostri figli, manifestare significa dire che esiste una collettività che la pensa diversamente, che è “sana”, che non si riconosce nella brutalità. Chiudersi in casa e affermare “è troppo tardi” nei media e nei social non ha alcun senso se non essere la controparte uguale e contraria delle gesta degli otto (o forse più) ragazzi. Di coloro che non hanno voluto guardare, di quelli che non hanno voluto metterci la faccia, di quelli che si sono fatti i fatti propri, di quelli che, appunto, sono rimasti chiusi in casa rimanendo indifferenti alle grida d'aiuto.
Viene in mente la storia raccontata da Piero Calamandrei dei due emigranti su una nave in mezzo alla tempesta, in cui uno sveglia l’altro per avvisarlo del pericolo imminente e il destato afferma “Che me ne importa se affonda, tanto la nave non è mia!”.
Non fate prevale l’abbandono: il tirarsi indietro per lasciare solo il deserto avvelenando i pozzi non serve a nulla. È una strategia perdente. È quella che da ancora più spazio (...ed un cattivo esempio) ai distruttori, ai provocatori, ai pusillanimi, ai forti con i deboli.
Al sig. Stano sarà dato onore solo quando la sua morte sarà servita a qualcosa, anche solo risvegliare una collettività dal torpore sul bene comune».
Piergiorgio Mossi