«L’adulto ha il dovere di essere presente nella vita dei propri figli, ha il dovere di rinforzare il proprio figlio, l’educazione si impartisce con l’esempio degli adulti»
«Il gravissimo episodio accaduto a Manduria poteva verificarsi in un qualsiasi posto della nostra Italia.
In tanti hanno espresso commenti spregevoli e pieni di accuse. E’ facile farlo dietro una tastiera.
La mia posizione da pedagogista è quella di cogliere da questa brutta storia la necessità di una soluzione affinchè questi episodi non accadano più.
Tutto nasce da come noi adulti ci rapportiamo con i nostri figli. I bambini assorbono la nostra educazione, ascoltano le nostre parole, diventano vittime dei nostri giudizi e dei nostri pregiudizi. Con la loro crescita subentrano gli amici. Se tra dieci ragazzi all’interno di un gruppo ci sono due o tre elementi, ma ne basta anche uno che non hanno avuto un modello educativo di riferimento sano, nascerà tra loro confusione, smarrimento, messa in discussione dei propri valori di riferimento dove la trasgressione sarà più affascinante dell’osservanza della regola.
Abbassare il livello di guardia da parte degli adulti rispetto ad alcune trasgressioni dei ragazzi significa per loro normalizzare e quasi legittimare alcuni comportamenti che invece andrebbero censurati. In contesti come questi il passaggio dalla trasgressione al reato è fisiologico. Sono certa che tra quei ragazzi molti non erano d’accordo a commettere quelle spregevoli azioni, ma, pur di sentirsi parte integrante del gruppo, le hanno commesse.
L’adulto ha il dovere di essere presente nella vita dei propri figli, ha il dovere di rinforzare il proprio figlio, l’educazione si impartisce con l’esempio degli adulti. L’adulto deve essere in grado di cogliere i segnali di allarme e se non è in grado perchè non ha gli strumenti ha il dovere di chiedere aiuto. Se quei ragazzi avessero fatto ragionare il capo branco, un capobranco c’e’ sempre alla guida di un gruppo; se tra loro ci fosse stata una comunicazione atta al confronto, forse tanta violenza si sarebbe potuta evitare. Ma in questi casi diventa una gara a chi diventa più cattivo, a chi è più bravo a denigrare, si crea una competizione tra loro. Si sentono forti perchè sono in gruppo. Mi chiedo cosa hanno provato quando sono usciti dal gruppo, quando sono rimasti soli nelle loro stanze se hanno avuto un rimorso… L’episodio accaduto va condannato senza se e senza ma.
Non condivido assolutamente quando si attribuisce il gesto malsano alla noia. La noia è un’invenzione di alcuni saccenti professionisti. Chi nel corso della propria vita non l’ha provata? Dobbiamo lavorare prima sugli adulti se vogliamo aiutare i ragazzi. Dobbiamo aiutare i ragazzi a farli ragionare, farli entrare nei panni delle vittime che scelgono come capo espiatorio, questo si dovrebbe fare nelle scuole, come percorso di educazione alle emozioni e all’affettività, gli strumenti li abbiamo dobbiamo avere solo la possibilità di poterli attuare.. Fargli comprendere la gravità di quello che è successo dove la pena che sicuramente verrà applicata dovrà avere concretamente la sua finalità rieducativa, non solo penale.
Non mi stancherò mai di scriverlo: dobbiamo ritornare con la modernità di oggi a riscoprire i vecchi valori. Se noi adulti non saremo capaci a far comprendere il disvalore sociale del loro comportamento e offrire loro la possibilità di valutare e di poter scegliere se continuare a vivere in tale degrado o cogliere l’opportunità del riscatto personale, sociale, morale, abbiamo nuovamente fallito e non c’è un colpevole, ma lo siamo tutti»
Teodora Tiziana Rizzo