I due si ritrovarono, diversi anni dopo, in un campo di concentramento in Africa
Inizialmente i profughi trentini furono accolti, alla stazione ferroviaria, con tanta curiosità, ma anche con una certa diffidenza. Il primo gruppo arrivò nel giugno del 1916. Altri profughi nell’autunno del 1917.
«La vita sociale cittadina subì notevoli modifiche: tutti gli uomini abili erano stati chiamati al fronte» ha ricordato lo storico Giuseppe Pio Capogrosso. «Addirittura lo stesso sindaco dell’epoca, Ignazio Scalinci, fu richiamato come ufficiale medico».
All’annunciato arrivo dei profughi trentini, alcuni manduriani si recarono, ad accoglierli, alla stazione. Quando furono scesi dal treno, ci fu chi fu in qualche modo … rassicurato.
«Bene, anche gli austriaci sono come noi» si racconta che esclamò uno dei manduriani presenti.
«Si racconta dello stupore dei pugliesi nel vedere che i trentini sapevano leggere e scrivere, tutti quanti, anche le donne e le ragazze» ricorda ancora Capogrosso. «Al contrario, in Puglia l’analfabetismo era pressoché la norma. I trentini cominciarono ad aiutare gli ospitanti a leggere e poi rispondere alle lettere che arrivavano dagli uomini al fronte. Fu uno dei motivi che maggiormente avvicinò le due popolazioni».
I legami così creati, sostenuti dall’empatia in un periodo cosi particolare seppur breve, si sono mantenuti nel tempo creando storie di vita alle volte incredibili, come quella di Mandurino Weiss, nato per l’appunto a Manduria, dove la famiglia era stata sfollata.
«All’atto della registrazione all’anagrafe di Manduria della sua nascita, Domenico Weiss decise di chiamare Mandurino il proprio figlio. In quello stesso giorno, il 17 giugno del 1916, un padre manduriano decise di ricambiare, chiamando il proprio figlio Trento Giovanni Dinoi. Da una ulteriore ricerca» prosegue lo storico Capogrosso, «è emerso, inoltre, che Domenico Weiss battezzò Trento Giovanni e il padre di quest’ultimo fu scelto come padrino per Mandurino Weiss».
Il destino fece incontrare Trento Giovanni e Mandurino nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
«Si ritrovarono in un campo di concentramento inglese, quando l’ufficiale fece l’appello e, quindi, nominò entrambi. Spero» ha concluso Giuseppe Pio Capogrosso, «che questo lavoro possa ora continuare con una ricerca sui Caduti di Manduria nella Grande Guerra. Il numero ufficiale di 140, riportato nella lapidi, non è corretto».