lunedì 25 novembre 2024


13/12/2019 10:26:33 - Salento - Attualità

Se ne è parlato in un convegno della Coldiretti

La Xylella fastidiosa ha ormai portato in Puglia alla distruzione di quel grande patrimonio secolare rappresentato dagli ulivi: in 6 anni il danno del patrimonio olivetato ha superato 1,6 miliardi di euro.

Oggi si pensa a come recuperare la redditività ormai persa di quei terreni, diversificandone la produttività o reinvestendo in olivicoltura attraverso reimpianti e innesti. Se n’è parlato l’altra sera in un convegno Coldiretti Brindisi, presso la sede del Gal “Terra dei Messapi”, tra i saluti del direttore Coldiretti Brindisi Aldo Raffaele De Sario e del presidente Coldiretti Brindisi Filippo De Miccolis Angelini.

“Il vero errore nell’affrontare tale emergenza – come spiegato dal direttore Coldiretti Puglia Angelo Corsetti - è stata la grande disinformazione che è stata fatta e, soprattutto, escludere la scienza dal tavolo di chi tentava di studiare soluzioni per arginare il fenomeno. Senza, poi, dimenticare l’assenza di una classe dirigente politica che capisse la realtà del problema e fosse in grado di fare sistema con tutti gli attori del territorio. Di qui, continua l’impegno di Coldiretti a: fare in modo che le risorse stanziate dal Governo arrivino quanto prima nella disponibilità degli olivicoltori salvando il sistema dei frantoi che sono la rete di tenuta di un intero sistema produttivo; insistere in sede politica perché passi l’emendamento che consenta il reimpianto senza sottostare ad alcun tipo di vincolo paesaggistico; insistere perche dei 300 milioni di euro stanziati la maggior parte venga destinata alle imprese”.

Non esiste una cura ala Xylella e tutti i tentativi che sino ad oggi sono stati messi in campo per salvare le piante di ulivo sono serviti solo ad aumentare il dispendio di risorse economiche da parte dei proprietari e ad allungare semplicemente l’agonia delle piante stesse. “Le uniche azioni, che al momento, possiamo mettere in campo – ha detto il professor Franco Nigro del Dipartimento di Scienze del suolo, della Pianta e degli Alimenti dell’Università degli Studi di Bari - sono il monitoraggio, che serve a conoscere lo status della diffusione del batterio e la prevenzione che è prioritaria per contenere la diffusione del batterio attraverso il controllo del vettore e l’eradicazione delle piante infette”.

Ma nell’emergenza continua la sperimentazione per verificare la resistenza di alcune cultivar al batterio. Come spiegato da Giovanni Melcarne (presidente del Consorzio di Tutela Dop Terra D’Otranto), già la sperimentazione, oltre a confermare i fenomeni di resistenza della cultivar Leccino, aveva dimostrato un’ulteriore resistenza della Favolosa al batterio. Ma ora si sta tentando la strada degli innesti e quello a corona è quello che sta dando maggiori risposte in termini di attecchimento rispetto a quello a pezza. Quello a corona garantisce una velocità di ricostruzione dell’apparato fogliare migliore. Ma si è sempre in una fase sperimentale, sono tentativi che si stano compiendo per salvare un bene inestimabile e che vanno effettuati oggi. Diversamente non ci sarà neanche il tempo per tentare di salvare ciò che resta degli ulivi. Peraltro, se le piante sono asintomatiche c’è maggiore possibilità per la riuscita degli innesti. E la Leccino o la FS17 sono le piante più resistenti, ma non immuni dal batterio, sulle quali gli innesti ed, in particolare, quello a corona oggi sembrano attecchire maggiormente.











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