«… andarsene conservando l’immagine di due genitori abbracciati nel riquadro della finestrella di un treno di seconda classe strapieno»
«Io ci penso a tutti quelli che da questo meridione meravigliosamente infame sono costretti a scappare. Che aspettano ogni festività col desiderio di sentire certi odori, assaggiare certi colori, vedere quei panorami che per quanto la mia finestra a Bologna sia grande non potrà mai comparare lo sguardo sul mare alle 5 di pomeriggio quando il sole è arancione e il mare è piatto.
Un pensiero infinito a chi, con l’angoscia di spendere cifre infinite per un aereo, un treno, un blablacar e la certezza di dover prenotare un ritorno “sempre troppo presto”.
Con la sicurezza di trovare sempre un sorriso ad attenderti al lato della stazione, al posto che sai già, dove i piedi si portano da soli perché sono già 5 anni che fai suegiù.
La consapevolezza di tornare e trovare i tuoi biscotti preferiti nella credenza, che a Bologna non compri mai perché li finiresti in un giorno, ma giù ci pensa la mamma. L’amore di papà che continua a sfilami lo zaino dalle spalle appena arrivo in stazione come faceva quando veniva a prendermi da scuola, alle elementari nell’unico giorno libero dal lavoro, e tu gli ripeti almeno 10 volte “non pesa papà, lo tengo su io” .
E andarsene. Tutte le volte conservando l’immagine di due genitori abbracciati nel riquadro della finestrella di un treno di seconda classe strapieno. Che con una mano salutano e con l’altra si stringono per mandare meglio giù il groppo di una casa nuovamente vuota. È il sud. Una terra martoriata da un amore a scadenza».
Giulia Lonoce