Il giornalista sotto scorta: «Ho perso la mia libertà fisica, ma ho preservato la mia libertà di espressione e di pensiero»
Paolo Borrometi è un giornalista siciliano che ha avuto il coraggio di denunciare le attività della criminalità organizzata e condurre un’inchiesta contro la mafia. Purtroppo per questo ha ricevuto minacce di morte ed è stato aggredito fisicamente da alcuni soggetti mafiosi e oggi vive sotto scorta.
Una vita che lui, nell’intervista che ci rilasciato via Skype, ha definito ormai un inferno.
Vivere sotto scorta infatti, come ci ha raccontato, significa non essere più liberi di muoversi, di fare una passeggiata, di andare al bar con gli amici, di andare al mare, non essere più liberi di andare al cinema o di vedere una partita allo stadio. Mi chiedo chi sia disposto realmente a viverla… una vita così.
Ho sempre pensato che fare il giornalista sia un lavoro bello e affascinante, ma alla luce di ciò che Paolo ci ha raccontato, mi chiedo quanto un giornalista sia veramente libero di esprimersi, di fare informazione e di denunciare una “brutta” realtà. Dalle sue parole ho capito che solo una grande passione per il proprio lavoro può portare una persona a sacrificare completamente la propria vita.
Mi colpisce tanto quando dice che, pur avendo perso parte della sua libertà fisica, è riuscito a preservare, grazie alla protezione che gli viene offerta quotidianamente, la sua libertà di pensiero e di espressione. Credo che sia fondamentale poter esprimere sempre quello che si pensa e dire la verità perché questo ci aiuta a sentirci integri, a sentirci persone vere, anche se scomode per qualcuno. Dopo l’intervista a Paolo continuo ancora a pensare che il lavoro del giornalista sia affascinante perché ti permette di essere curioso e di conoscere e approfondire sempre nuove realtà, ma ho anche capito che è un lavoro difficile, fatto di grandi sacrifici, di impegno e determinazione e tanto tanto coraggio, soprattutto quando decidi di portare avanti una denuncia così importante.
Forza Paolo, ti esprimo tutta la mia solidarietà e ti dico che sei un grande!
Miriam Perrucci
3 D
Scuola secondaria di primo grado
Istituto comprensivo
“Francesco Prudenzano”