domenica 24 novembre 2024


24/03/2020 12:36:32 - Salento - Attualità

«Il dato potrebbe ampiamente sottostimato. Chiediamo che i tamponi vengano estesi a tutti i professionisti e operatori sanitari e che vengano forniti strumenti di protezione a chi è impegnato in prima linea contro l’emergenza»

Altri due medici morti, un ospedaliero che era in pensione e un infettivologo che lavorava in una casa di cura. Si allunga così l’elenco dei camici bianchi colpiti da Sars Cov2. Esposti al virus e in alcuni casi senza protezioni i professionisti sanitari in Italia, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità, dall’inizio dell’epidemia sono stati 4.824 pari al 9% del totale delle persone contagiate, una percentuale più che doppia rispetto a quella cinese dello studio pubblicato sul Journal of American Medical Association (3,8%). La fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per La Medicina Basata sulle Evidenze) però teme che il dato sia ampiamente sottostimato e chiede che i tamponi vengano estesi a tutti i professionisti e operatori sanitari e che vengano forniti strumenti di protezione a chi è impegnato in prima linea contro l’emergenza.

A perdere la vita a causa di Covid 19, Manfredo Squeri, medico ospedaliero in pensione. La Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) ha fatto sapere che lavorava come medico responsabile del reparto di Medicina alla Casa di cura Piccole Figlie di Parma, convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Sarebbe, per la Fnomceo, il diciannovesimo medico in attività deceduto. Prima di lui anche il dottor Leonardo Marchi, medico infettivologo e direttore sanitario della Casa di Cura San Camillo a Cremona.

La Fondazione, alla luce degli ultimi dati sul contagio fra operatori sanitari, invita tutte le Regioni, sulla scia di quanto già deliberato in Emilia-Romagna e Calabria, a mettere in priorità assoluta l’esecuzione di tamponi a tutti gli operatori sanitari, sia in ospedale, sia sul territorio, con particolare attenzione ai professionisti coinvolti nell’assistenza domiciliare e nelle residenze assistenziali assistite, oltre che in case di riposo. “Un mese dopo il caso 1 di Codogno – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Gimbe – i numeri dimostrano che abbiamo pagato molto caro il prezzo dell’impreparazione organizzativa e gestionale all’emergenza. Inoltre la mancanza di policy regionali univoche sull’esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari, conseguente anche al timore di indebolire gli organici – spiega Cartabellotta – si è trasformata in un boomerang letale. Infatti, gli operatori sanitari infetti sono stati purtroppo i grandi e inconsapevoli protagonisti della diffusione del contagio in ospedali, residenze assistenziali e domicilio di pazienti”.











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