Si tratta di un farmaco vecchio di 70 anni, utilizzato nella lotta contro la malaria. Se preso sia prima che dopo il contagio darebbe buoni risultati
Buone notizie su fronte della lotta al Coronavirus.
«Un dato molto interessante emerge dai test condotti al laboratorio di virologia del San Raffaele di Milano, coordinato dal professor Massimo Clementi, sul vecchio antimalarico clorochina contro il nuovo coronavirus. Per bloccare il virus bisogna usare il Plaquenil prima e dopo l’infezione».
A parlare è il virologo, Roberto Burioni, che sul suo sito “Medical Facts” riferisce i primi dati dei test di laboratorio al San Raffaele. Dati che fanno ben sperare, ma che non devono alimentare il fai da te.
«Non correte a comprare il Plaquenil e non assumetelo di testa vostra. Mentre l’efficacia non è ancora certa, gli effetti collaterali del farmaco sono comunque possibili», raccomanda Burioni. «Chiaramente questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza: i dati che abbiamo ottenuto - precisa - suggeriscono che una sperimentazione clinica di questo farmaco dovrebbe essere svolta somministrandolo non solo quando il paziente sta già male, ma già prima dell’infezione agli individui che sono a maggior rischio».
In ogni caso, sottolinea, se uno studio clinico riuscisse a confermare che il Plaquenil è utile nel modo in cui questo studio suggerisce, ovvero associando profilassi e terapia, avremmo fatto un passo verso il ridimensionamento di questo virus.
«Un passo che, per esempio, potrebbe rappresentare una protezione in più per tutti i colleghi in primissima linea nella gestione clinica de pazienti infetti. Quanto grande sarà questo passo non possiamo saperlo, ma è di questi passi che è fatto il ritorno alla vita normale».
Insomma, nuove speranze contro il coronavirus potrebbero arrivare da un vecchio farmaco. Il Plaquenil è un medicinale vecchissimo in uso da quasi 70 anni contro la malaria. Nel 2005 alcuni ricercatori statunitensi si sono accorti che aveva in laboratorio una forte attività antivirale contro il coronavirus responsabile della Sars, sparito nel 2004. Siccome l’attività antivirale era diretta contro un virus non più esistente la notizia era passata inosservata, ma quando è saltato fuori questo nuovo virus, cugino di quello della Sars, molti hanno pensato di utilizzare il Plaquenil per curare questa infezione. E molti ricercatori hanno pensato di studiare il suo effetto sul nuovo coronavirus in laboratorio.
«Per studiare un virus in laboratorio bisogna prenderlo e metterlo a contatto con cellule nelle quali si possa replicare: in generale l’effetto è la loro completa distruzione. Dunque: abbiamo preso il coronavirus e l’abbiamo messo a replicare, aggiungendo una quantità di Plaquenil abbondantemente raggiungibile nel polmone dopo la somministrazione del farmaco. Però abbiamo esplorato non una, ma tre possibilità», spiega. «Nella prima gli scienziati hanno aggiunto il farmaco dopo l’infezione delle cellule, simulando la situazione in cui si troverebbe un paziente se il medicinale gli venisse somministrato al momento della diagnosi, quando è già infettato.
Poi hanno provato ad aggiungerlo solo prima dell’infezione delle cellule, simulando l’uso del Plaquenil in profilassi. E poi hanno fatto anche un terzo tentativo: lo hanno aggiunto sia prima che dopo l’infezione delle cellule, simulando una somministrazione continuativa del farmaco. Ebbene, le cellule infettate dal virus, ma con il Plaquenil somministrato prima e dopo l’infezione sono risultate in buone condizioni. Un dato molto interessante. Per bloccare il virus bisogna usare questo vecchissimo farmaco prima e dopo l’infezione».