Alessandra e Martina: «Abbiamo sempre rispettato i lockdown di Conte. Ma, proroga dopo proroga, quanto possiamo resistere ancora?»
«Siamo chiuse in casa a L’Aquila da più di un mese. Abbiamo rispettato il lockdown del presidente del Consiglio Conte, credendo, però, che l’emergenza sarebbe prima o poi rientrata. Ora però vorremmo rientrare a casa».
E’ l’appello lanciato da due studentesse di Maruggio, Alessandra Lombardi e Martina Delia, che studiano a L’Aquila.
«Da più di un mese, spesa a domicilio, medicinali a domicilio, nessun contatto con l’esterno» raccontano Alessandra e Martina. « Vogliamo essere quanto più prudenti possibile, vogliamo essere sicure di non contrarre il virus, di poter, un giorno, tornare a casa senza essere additate come appestate.
Abbiamo seguito le direttive scrupolosamente, e anche se la spesa rientra tra le giustificazioni per uscire, abbiamo evitato di farlo.
Ricordate quando, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato il lockdown obbligatorio per tutti, gli spostamenti limitati e giustificati, che non ci sarebbero più state delle zone rosse localizzate? Ricorderete, anche il panico generale, gente che correva in stazione per tornare a casa.
"Resistiamo", ci siamo dette. "Organizziamo la cosiddetta partenza intelligente, quando le cose si saranno calmate, quando le stazioni non saranno sovraffollate".
Eravamo convinte che saremmo state tutelate sempre, a prescindere da tutto, che avremmo potuto attuare il nostro piano per rientrare.
Poi, viene annunciato il nuovo decreto. Restrizioni più rigide: sospeso anche il diritto di fare ritorno al proprio domicilio.
Fino al tre aprile. "Resistiamo. Il tre aprile arriverà presto." Anche se erano i numeri a parlare, i contagi, i decessi, i ricoverati in terapia intensiva. E non ci abbiamo mai creduto fino in fondo, ma diamine se non ci speravamo! Poi, la temutissima, nuova proroga: 13 aprile. Altri dieci giorni nel dubbio, altro tempo, nuovamente sospese. Un altro viaggio cancellato.
Non ci viene chiesto di andare in guerra, ci viene chiesto di restare a casa. Per fortuna, ci facciamo compagnia e ci diamo forza. Ma quanto possiamo resistere ancora? Lo stress è tanto, non abbiamo nemmeno vicini di casa da salutare dalla finestra, nessun balcone, nessuno che canta alle 18.00. Sono andati via tutti. È tutto così morto, così spento, così in contrasto con la nostra natura colorata ed estroversa. Siamo sempre più abbattute, sempre più chiuse. Costantemente al telefono con qualcuno, in videochiamata con i nostri parenti, amici, fidanzati. Direte che almeno abbiamo quello, che non possiamo lamentarci. Che la situazione non cambierebbe una volta ritornate, ma vi sbagliate. Sicuramente potremmo essere d'aiuto a casa, potremmo risparmiare spese ai nostri genitori, potremmo risparmiare le loro e le nostre lacrime e notti insonni, la preoccupazione.
Crediamo di poter parlare a nome di tanti fuorisede che, come noi, sono rimasti nelle città dove studiano o lavorano: abbiamo scelto di essere corrette, abbiamo scelto di non infrangere le leggi, abbiamo scelto di non inventare motivazioni surreali o fingere di avere urgenze per compilare un'autocertificazione. Apprezziamo tutti quelli che si sono complimentati per il coraggio della nostra scelta, magari dal comodo divano della casa dei loro genitori; grazie, ma non si tratta di coraggio. È buonsenso, è correttezza.
Sì, a 18 anni ci siamo sentite così tanto responsabili da andare a vivere altrove da sole, ci siamo sentite in grado di fronteggiare esami, scadenze, mandare avanti una casa. Viviamo lontane da casa e siamo abituate a trascorrere mesi senza farci ritorno. Sottolineando il fatto che siamo consapevoli di tutte le categorie che sempre e in particolar modo in questo momento, hanno restrizioni più pesanti delle nostre o al contrario, sono costrette ad uscire, il nostro pensiero è fisso a casa. Alla curva epidemiologica della nostra terra, alla situazione nel nostro comune. È lì che vorremmo essere. Per stare con voi, per fronteggiare questa cosa insieme.
Ci viene chiesto di stare a casa?
Beh, quella è, a tutti gli effetti, casa nostra!».