Da lunedì scorso fa parte delle Unità Speciali di Continuità Assistenziali della Asl di Piacenza
Ha 25 anni, si è laureato in Medicina il 17 luglio scorso ed è già in prima fila, a Piacenza, nella cura dei contagiati dal Covid 19.
Si chiama Florenzo Moccia e ha radici manduriane: entrambi i genitori, infatti, sono originari della città messapica e, poi, si sono trasferiti a Piacenza. Florenzo avrebbe dovuto sostenere l’esame di abilitazione martedì scorso. Ma le disposizioni contenute nel decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 17 marzo scorso lo hanno spinto ad indossare direttamente il camice: da lunedì, infatti, fa parte delle Unità Speciali di Continuità Assistenziali della Asl di Piacenza. Il giovane medico (che prima di laureasi è stato anche come volontario in Camerun per l’associazione Medical Experience, fondata da studenti camerunesi e italiani dell’Università di Parma, che lavora nell’ambito della formazione, del volontariato e della Medicina umanitaria), ha infatti risposto, con convinzione ed entusiasmo, al bando della Asl di Piacenza finalizzato a ricercare personale sanitario da impiegare nell’emergenza Covid 19.
«In Italia eravamo circa in 5mila medici ad aspettare l’esame di abilitazione, che era stato fissato per il 7 aprile scorso» ricorda il dott. Moccia. «Poi, il 17 marzo scorso è stato emanato quel decreto e quando la Asl di Piacenza ha pubblicato il bando per la ricerca di personale sanitario, ho offerto la mia disponibilità».
Dopo un colloquio preliminare, c’è stata la firma del contratto. Prima di prendere servizio lunedì scorso, il dott. Moccia ha frequentato un mini corso di addestramento.
«C’è tanto bisogno di personale sanitario e, quindi, anche il corso è stato celere. E’ stata curata molto la fase di vestizione e, soprattutto, di svestizione, perché quest’ultima è la procedura più rischiosa per la contaminazione».
Ora il dott. Moccia ha preso servizio nelle Unità Speciali di Continuità Assistenziali.
«Sono composte da due medici che vanno a domicilio dai pazienti Covid 19 a visitarli. L’obiettivo è quello di monitorarli a domicilio per impedire che in un futuro possano presentarsi delle complicanze che li porti all’ospedalizzazione. L’obiettivo è proprio quello di portare … l’ospedale a casa delle persone. Queste unità operative sono composte fa due medici. Il primo è un esperto in ecografia toracica e il secondo è un qualsiasi altro medico. Quindi noi giovani medici ricopriremo il ruolo di secondo medico delle unità».
Una scelta che comporterà dei sacrifici e cambi di abitudini.
«Dopo sei anni di studio, nel giorno della laurea ho giurato che avrei prestato soccorso nelle condizioni di emergenza. Però mai mi sarei aspettato di dover incominciare in questa condizione. Adesso che ci siamo, capisco che è imprescindibile fornire il proprio aiuto. Andrò a vivere in un’altra casa, insieme con altri operatori sanitari, che mi hanno fornito un posto. Quindi cambierò un po’ la vita per i prossimi mesi. Però è necessario, quindi si fa».