«Credevo di non farcela, il training autogeno è stato di grande aiuto»
«Ho respirato l’aria della morte nella mia stanza, in qualche momento ho pensato di uscirne sconfitto. Le cure ricevute all’ospedale Perrino sono state fondamentali e tanto ha giocato il ricorso a tutta la concentrazione di cui sono capace - grazie alle tecniche di respirazione consapevole destinate al rilassamento (training autogeno) che ho imparato negli anni - oltre all’atteggiamento positivo che ho assunto, importantissimo per cercare di raggiungere un “benessere” psico fisico tale da potermi permettere di lottare».
L’apnea più lunga della vita, per Teddy Sciurti, non è ancora terminata e la risalita dal fondo è una pinneggiata lenta, un giorno dopo l’altro. Il Coronavirus lo ha precipitato in un incubo il 24 marzo scorso e da quell’abisso sta ancora risalendo. Cinquant’anni, fisioterapista del San Raffaele di Ceglie Messapica e Rsa della Cgil, per chi non lo conoscesse Teddy Sciurti è un atleta per antonomasia, istruttore d’apnea, un campione dell’immersione, per dirla con una metafora una sorta di «uomo di Atlantide».
Mai fumato una sigaretta nemmeno per gioco, Sciurti ha sempre sfidato se stesso e il suo corpo superando limiti e record: una capacità polmonare 7 litri; apnea massima fino a 63 metri in assetto costante; tempi di apnea in mare 2.30/3 minuti (in media); apnea statica 5 minuti e 45 secondi; il pesce pescato alla profondità più alta è a quota 48 metri. Ha corso la sua prima maratona in 3 ore e 33 minuti percorrendo una distanza di 42 km e 120 metri. Tra le sue imprese memorabili c’è la scoperta, insieme ad altri amici - tra cui Giancarlo Scorrano (sub dei vigili del fuoco), Giuseppe Tamburrano, l’allora maggiore dei carabinieri Luigi Robusto e il padre Aldo Sciurti - dei Bronzi di Punta del Serrone e qualche anno dopo, assieme al maresciallo della Guardia di Finanza Sandro Manca, della straordinaria pesca di un tonno di 250 chili con un fucile da sub, notizia che fece il giro d’Italia e del mondo.
Quattro giorni di nuoto e di corsa alla settimana, Teddy Sciurti ha recentemente frantumato anche il proprio record personale di nuoto continuato percorrendo in 5 ore e rotti 19 km 770 metri.
Oggi a causa del Covid-19, respira ancora con affanno, dopo aver fatto un viaggio all’inferno di andata e ritorno e la guarigione definitiva è ancora lontana.
Quando è iniziata la battaglia contro il virus?
«Mi sono ammalato il 24 marzo», racconta.
«Il 31 marzo scorso sono stato ricoverato al reparto OBI del Perrino. Ho avuto la febbre alta (38-39 gradi) fino al 7 aprile. Quando ti ammali hai diarrea, gastroenterite, convulsioni, crisi respiratorie, attacchi di asma. Hai brividi di freddo che non passano nemmeno sotto pile infinite di coperte. Non c'è una parte del corpo che non ti faccia male, non riesci a mangiare o bere, il mal di testa non ti abbandona mai. Credo che nei periodi peggiori il virus mi concedesse non più di mezz’ora al giorno di tregua. In quei momenti provavo a mangiare e bere anche se con scarso successo. Ho perso 5 chili, ma non si tratta della classica pancetta buttata giù, sono i muscoli che si consumano».
Quali sono state le avvisaglie?
«La perdita del gusto e dell’olfatto, poi uno stato di stanchezza e debolezza. Questi sintomi li hanno avuti anche mia moglie - anche lei impiegata al San Raffaele - e mio figlio, risultato poi positivo. Entrambi hanno fortunatamente avuto sintomi lievi».
Come è proseguita la cura in ospedale?
«La notte del primo aprile sono stato trasferito nel reparto Covid-19 - l’equipe diretta dal dottore Pietro Gatti che ringrazio tantissimo, ma tutto il personale del Perrino in genere che mi ha assistito è stata molto scrupolosa - la cura è stata fondamentale. In ospedale sono stato sottoposto alle radiografie per il riscontro della polmonite in corso emogas analisi ogni volta che era necessario, la misurazione della saturazione (ossigeno nel sangue) e prelievi di sangue frequenti. I primi due o tre giorni sono stati terribili, non dormivo la notte. Mi è stato diagnosticato un severo risentimento del polmone sinistro rispetto a quello destro. Ho dovuto fare ricorso all’insufflazione dell’ossigeno con la maschera: nella fase critica quattro litri, poi due. Sono occorsi diversi giorni per iniziare a stabilizzarmi. Nella mia stanza c’era gente che stava peggio di me, si respirava aria di morte».
Ora come procede?
«Ora respiro meglio e in maniera indipendente, ma la stanchezza fisica è predominante. Il 14 aprile sono stato trasferito a Mesagne dove sono costantemente monitorato. Il 24 farò il prossimo tampone per vedere se negativo, dopo 2 giorni ne dovrò fare un altro. Se negativo anche questo andrò a casa in quarantena fino a quando previsto, altrimenti dovrò ripetere il tampone di settimana in settimana fino a quando non risulterà negativo».
Cosa ti ha aiutato ha aiutato a superare la crisi?
«Mi sta aiutando molto la mia capacità di gestire lo stress. Sto cercando di ritornare a parlare al mio corpo. Quando sono arrivato a temere di non riuscire a farcela ho iniziato a fare appello a tutto ciò che ho imparato in questi anni. Le tecniche di respirazione consapevole destinate al rilassamento (training autogeno) sono molto importanti a livello psico fisico e permettono di avere un atteggiamento positivo per affrontare al meglio la malattia ed il recupero che è lungo e deve essere graduale, non si può strafare».
Cosa fare per rimettersi in marcia? Quali consigli può dare a chi affronta l’uscita dal tunnel?
«Fermare l’orologio. Dare importanza ad ogni istante della giornata. Ogni momento è utile. Il recupero della malattia costringe il corpo a riposare a lungo, bisogna riprendersi ogni istante utile e capitalizzarlo nella ripresa. Io appena sveglio inizio con tecniche di rilassamento, esercizi di respirazione, stretching del diaframma, cassa toracica. Lavoro a degli esercizi che pian piano stanno ridando funzionalità agli alveoli. Sono ritornato a studiare libri di fisiologia anatomia, apparato respiratorio cardiaco, alcune sono riletture altri approfondimenti di materie già studiate. Gli esercizi di respirazione stanno dando risultati. Ho voglia, attraverso la mia esperienza, di dare anche agli altri dei consigli per gestire la fase del recupero attraverso gli esercizi di respirazione».
La risalita dell’«uomo di Atlantide» dagli abissi del Coronavirus è iniziata.
Fonte: rete