Consegnato al Governo prima dell’ultimo Dpcm simula una novantina di scenari possibili in base alle varie ipotesi di riaperture
Mezza Italia, delusa, si interroga perché dal 4 maggio si riaprirà così poco. Una risposta è contenuta in un documento di una ventina di pagine del Comitato tecnico scientifico consegnato al Governo prima dell’ultimo Dpcm che simula una novantina di scenari possibili in base alle varie ipotesi di riaperture e anche al rientro in base all’età. Tra questi balzano all’occhio gli scenari «A», «B» e «C»: quelli in cui si riaprirebbe tutto (nel prmo scenario sono comprese le scuole) . Una sorta di «liberi tutti».
Gli effetti secondo le simulazioni dei tecnici sarebbero devastanti: boom di contagi - l’R con zero schizzerebbe abbondantemente sopra 1 - e le terapie intensive sarebbero investite da uno tsunami peggiore di quello già visto con centinaia di migliaia di ricoveri da qui a fine anno. Forse alcuni di questi numeri devono aver convinto il Governo a scegliere la massima prudenza.
I tre scenari catastrofici
Lo scenario più drammatico - tra quelli immaginati - è quello «A» in cui oltre alla manifattura, alle costruzioni riaprisse tutto il commercio e la ristorazione, ma anche le scuole. Uno scenario questo che prevede anche un ritorno alla vita sociale normale per il tempo libero e il ricorso ai trasporti senza limitazioni, con il lavoro senza più lo smart working.
In pratica un “cosa accadrebbe” se si ritornasse magicamente al 30 gennaio, il giorno prima della dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Governo. Cioè da quando gli italiani hanno cominciato a prendere consapevolezza dei rischi del Covid.
Ebbene secondo questo primo scenario si avrebbe un picco di massima occupazione delle terapie intensive all’8 giugno con 151mila ricoveri di pazienti, mentre a fine anno si conterebbe un totale di 430.886 ricoveri complessivi in terapia intensiva.
Catastrofici anche i numeri del secondo scenario («B») quello con tutto aperto tranne le scuole: qui il picco in terapia intensiva sarebbe all’8 agosto con 109mila paienti e 397mila a fine anno.
Nel terzo scenario da guerra («C») si aggiungerebbe il telelavoro che farebbe scendere il picco dei pazienti previsto per il 31 agosto a 85mila per un totale a fine anno di 365mila.
L’impatto della scuola e della vita sociale.
Questi gli scenari più drammatici ed estremi, perché tutti gli altri hanno numeri molto più limitati, soprattutto prevedendo la chiusura delle scuole e forti limitazioni alla vita sociale.
Il report spiega infatti come i risultati dello studio mostrino che «riaprire le scuole innescherebbe una nuova e rapida crescita epidemia di COVID-19. In particolare, la sola riapertura delle scuole - scrivono i tecnici - potrebbe portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia intensiva attualmente disponibili a livello nazionale».
Oggi il Ssn dopo grandi sforzi ha una dote di oltre 9mila letti in terapia intensiva.
Il report poi aggiunge che «assumendo che i contatti in comunità non aumentino, la riapertura dei settori manifatturiero, edile, commercio e ristorazione avrebbe un impatto minimale sulla trasmissibilità dell'infezione. Tuttavia, mentre per il settore edile e manifatturiero questo scenario può considerarsi realistico, per il settore commerciale e di ristorazione un aumento di contatti in comunità è da considerarsi un'inevitabile conseguenza dell'apertura di tali settori al pubblico, e può potenzialmente innescare nuove epidemie».
I risultati dello studio
Le conclusioni dello studio del Comitato tecnico scientifico si racchiudono in cinque punti.
«1) La riapertura delle scuole aumenterebbe in modo significativo il rischio di ottenere una nuova grande ondata epidemica con conseguenza potenzialmente molto critiche sulla tenuta del sistema sanitario nazionale;
2) Per tutti gli scenari di riapertura in cui si prevede un aumento dei contatti in comunità, la trasmissibilità supera la soglia epidemica, innescando quindi una nuova ondata epidemica;
3) Nella maggior parte degli scenari di riapertura dei soli settori professionali (in presenza di scuole chiuse), anche qualora la trasmissibilità superi la soglia epidemica, il numero atteso di terapie intensive al picco risulterebbe comunque inferiore alla attuale disponibilità di posti letto a livello nazionale (circa 9000).
4) Se l'adozione diffusa di dispositivi di protezione individuale riducesse la trasmissibilità del 15%, gli scenari di riapertura del settore commerciali alla comunità potrebbe permettere un contenimento sotto la soglia epidemica solo riuscendo a limitare la trasmissione in comunità negli over 60 anni.
5) Se l'adozione diffusa di dispositivi di protezione individuale riducesse la trasmissibilità del 25%, gli scenari di riapertura del settore commerciale e di quello della ristorazione alla comunità potrebbe permettere un contenimento sotto la soglia solo riuscendo a limitare la trasmissione in comunità negli over 65 anni».