Conte insiste per l’orale in classe, ma restano dubbi su età dei docenti coinvolti, maturandi pendolari e protocolli di sicurezza. E se fosse soltanto narrazione?
La tanto sospirata Fase 2 non è poi così diversa dalla Fase 1. I dubbi, al momento, sono più che le certezze: bar, ristoranti e parrucchieri ancora chiusi, al mare non si è capito come ci andremo e neanche sappiamo se a settembre le scuole riapriranno puntuali. Tuttavia «abbiamo fatto una scelta e si farà di tutto per realizzarla e cioè consentire l’esame di Stato a tutti gli studenti interessati in conferenza personale, in presenza, in piena sicurezza».
Così parlò il presidente del Consiglio Giuseppe Conte domenica 26 aprile, in quella che dovrebbe passare alla storia come la conferenza stampa delle 20.20. Il lockdown si sblocca un poco alla volta, perché il contagio da coronavirus c’è ancora e i timori di nuovi focolai sono tanti. Nonostante i malumori delle categorie. Per l’orale di maturità, però, abbiamo addirittura una data di inizio: 17 giugno.
Siamo sicuri che sia una buona idea?
Dopo un anno scolastico che, insolitamente, ha visto i ragazzi faccia a faccia con gli insegnanti in carne e ossa per appena sei mesi, un corso salvato dall’avvento salvifico dell’e-learning per stare «distanti ma uniti», signore e signori si torna in classe. A quanto pare sarà breve ma intenso: colloquio unico, con commissione interna ma presidente esterno. Non ci addentriamo nella disputa metafisica sulla determinazione dei crediti, sul peso da dare al curriculum rispetto al colloquio (al momento si dice 40 punti colloquio e 60 curriculum). La nostra domanda viene prima: siamo sicuri che sia una buona idea? Riflettendoci su, abbiamo trovato almeno tre valide argomentazioni per rispondere no. Eccole.
L’età dei docenti
È cosa nota che i più vulnerabili all’epidemia di coronavirus siano gli ultra 60enni. E se il personale della pubblica amministrazione è tutt’altro che giovane, la scuola non fa certo eccezione: «Su 730mila docenti, gli over 60 sono 171mila», spiega Lena Gissi, segretario generale di Cisl Scuola. Non sappiamo con precisione quanti di questi saranno impegnati nella maturità, tuttavia «non ha molto senso metterne a rischio la salute per il solo colloquio orale», continua la sindacalista. Certo, si potrebbero lasciare a casa i docenti over 60 «sostituendoli» con colleghi più giovani in supplenza. Ma, al di là delle complicazioni organizzative del caso, il principio della commissione interna andrebbe a farsi benedire.
Il pendolarismo
Licei e istituti superiori non sono esattamente scuole di prossimità. Di scuole dell’infanzia e primarie ne trovi in ogni quartiere, le cosiddette «scuole secondarie di secondo grado» sono invece soltanto nei comuni più grandi e accolgono studenti provenienti dai comprensori di riferimento. Risultato: gran parte dei circa 500mila ragazzi che sosterranno la maturità è pendolare e, in tempi di pace, va a scuola con treni e autobus.
«Da noi - sottolinea Carlo Giuffré, segretario generale di Uil Scuola Lombardia - abbiamo numerosi casi di studenti che si spostano tra le province. Succede che ragazzi della provincia di Bergamo, la più colpita dall’epidemia, studino per esempio in Brianza. Ha senso, dopo il sacrificio che si è fatto con mesi di lockdown, che si rischi di vanificare tutto con il ritorno agli spostamenti per un evento episodico?»
Il protocollo di sicurezza
L’orale di maturità in presenza, secondo le stesse parole di Conte, dovrà avvenire «in sicurezza». Perché ciò accada, serve appunto un protocollo di sicurezza molto dettagliato. Tocca insomma definire perbene come i maturandi arriveranno a scuola, come accederanno agli spazi in cui si terrà l’esame, a che distanza dalla commissione dovranno sedersi, come posizionare i banchi e sanificare gli ambienti. Aspetti non secondari da concordare con le parti sociali. «Fino a oggi - precisa Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale di Flc Cgil - non ne abbiamo avuto traccia». Anzi: i sindacati non incontrano il ministro della Pubblica istruzione Lucia Azzolina addirittura dal 1° aprile. «Come Flc Cgil - continua la sindacalista - non siamo affatto contrari all’esame in presenza, che valorizza l’aspetto educativo: lo avremmo collocato a luglio, un periodo che si presume meno problematico sul fronte dei contagi. Certo, resterebbe comunque il problema della Lombardia, regione in cui i numeri sono ancora alti. Il nostro principio in ogni caso è: non si deroga alla sicurezza». Come dire: le fughe in avanti non piacciono a nessuno.
Il ministro: «Ordinanza a breve»
Il ministro Azzolina, in ogni caso, rassicura: «Scriveremo un protocollo di sicurezza con le parti sociali. Penso che il modello che si sta usando alla Camera è ottimo e lo proporremo: lì si usa un distanziamento di almeno un metro. E se lo studente sta a una distanza di 4-5 metri dagli insegnanti della commissione non credo sia un obbligo indossare la mascherina, diversamente se la distanza fosse minore». L’intenzione del ministro, comunque, è chiara: «Gli esami di maturità si faranno in presenza. Il percorso scolastico sarà considerato di più rispetto agli anni scorsi. Il colloquio inizierà con un argomento che gli studenti concorderanno prima sulle materie di indirizzo. L’ordinanza ci sarà a breve. Basta studiare e andrà bene».
Il rischio della photo opportunity
Le perplessità, in ogni caso, restano. Perché il governo della prudenza, proprio su questo dossier, ha deciso di accelerare? È un caso o è merito del romantico appello di Paolo Giordano, nel senso dello scrittore? La sensazione è che si voglia trasformare la maturità in una battaglia ideologica, un simbolo o, peggio ancora, una photo opportunity sull’Italia che riparte.
Si accettano suggerimenti (della task force)
O forse, direbbero quelli bravi, è soprattutto una narrazione. Forse è il tentativo di riparare a qualche errore di comunicazione di troppo commesso dal ministro Azzolina, che troppo presto sventolò il «tutti ammessi», vincolando alla ripresa delle lezioni il 18 maggio lo scenario maturità in presenza. Tra alunni che fiutavano la sanatoria e docenti che si ritrovavano gravati da uleriori compiti a casa di burocrazia applicata. Allora tanto vale scommettere sull’opzione maturità in presenza, un «auspicio» presto trasformatosi in «obiettivo». Qualcosa di fisico in un anno scolastico che si è, suo malgrado, ritrovato liquido. Chissà come andrà a finire da qui al 17 giugno. E chissà che non siano il Comitato tecnico scientifico o la task force di Vittorio Colao a suggerire la risposta giusta alla politica.